lunedì 11 luglio 2016

Verdena smeraldo



Vivono nel nostro stesso mondo, mangiano quello che mangiamo noi, parlano come noi nella vita di tutti i giorni. Ma se uno si mette ad ascoltare le loro canzoni finisce per non un capirci un’acca, avendo quasi l’impressione di avere a che fare con degli alieni particolarmente abili come musicisti che, avendo trovato una registrazione in lingua italiana, hanno finito col combinarne a random i vari sintagmi. Le parole che noi tutti utilizziamo nella quotidianità vengono infatti da loro rimodulate e intonate in una maniera sbalorditiva, che destabilizza e disorienta chi ode. Provano le medesime nostre emozioni, soltanto che le comunicano in musica, in modo originale. Rappresentano quindi un caso unico tra i gruppi musicali del Bel Paese.
Stiamo parlando dei Verdena, power trio bergamasco alternative grunge attivo dal lontano 1995. Raccattano verbi, congiunzioni, avverbi, aggettivi, articoli e sostantivi come netturbini del suono, per dare vita a improbabili combinazioni artistiche. D’altronde, chi capisce il cubismo o l’astrattismo? Come Picasso o Kandinskij si può dire che abbiano innovato (almeno dal punto di vista della scrittura dei testi) il campo culturale in cui lavorano, proponendo al pubblico e alla critica cose realmente nuove. Per questi motivi, essi hanno pressoché esposto una nuova corrente artistica nel genere rock dello Stivale.
Una poetica punk contraddistingue il loro sound, adottando un uso davvero originale degli attrezzi del mestieri di una band. Non ha senso decriptare i loro testi: le opere di costoro sono fatte da frasi di contrappunto in cui note e lettere si intrecciano in un gioco alchemico che riesce a ottenere risultati alquanto interessanti. Più che in altri artisti, qui la musica non può slegarsi dalle parole: i due elementi si fondono in composizioni simili a miscugli chimici, che reagendo formano cocktail comunicativi potenti. Nelle strofe e nei ritornelli dei loro pezzi difficilmente troveremo massime o aforismi da incorniciare a mo’ di citazioni, come capita coi grandi cantautori. Allo stesso modo, si fa fatica a rintracciare nella loro produzione discografica delle hit da lanciare nelle classifiche di pop music. Dunque, è difficile individuare i temi dei loro componimenti. Ma la musica dei Verdena tocca i sentimenti, scuote il cuore e fa vibrare l’anima.
Coerenti fin dagli esordi, hanno sempre tirato dritto per la loro strada, senza scendere a compromessi, col loro stile nudo e crudo. Certo, si nota una indubbia evoluzione artistica nel corso del tempo, ma la loro morbida durezza è rimasta intatta, senza lasciarsi scalfire da tendenze del momento. Allora – senza entrare più di tanto nei dettagli tecnici sulla struttura dei loro brani, senza analizzare accordi, melodie o variazioni di tempo che appassionano gli addetti ai lavori e i loro fan più attenti – una cifra di interpretazione delle canzoni dei Verdena può essere quella di capire il significato delle note e ascoltare il suono delle lettere. Lemmi maggiori e minori, in diesis o bemolle; battute (di spirito) e versi (poetici).
Dal punto di vista tecnico, il cantante è capace di sussurrare appena sotto voce al microfono, modulando le corde vocali da crooner afono o, viceversa, di sforzarle in grida da urlatore prossimo alla raucedine. Il basso elettrico e le chitarre si amplificano grazie a distorsioni ed effetti ruvidi e audaci. La batteria percuote piatti e tamburi secondo varie ritmiche, anch’esse parti importanti del linguaggio complessivo. Orchestrano inoltre brani strumentali che sollevano polvere e coriandoli verso il soffitto mediante le onde delle casse acustiche, dove l'odore e il sudore della sala prove diviene incenso in aerosol.
Pronomi, nomi propri e sillabe in rima si mescolano con figure oniriche al rallentatore o accelerate. Arpeggi, assoli e pennate di vocali e consonanti, accenti gutturali; danze di apostrofi e cori dei segni di interpunzione. Sinfonie di tastiere e archi: scale melodiche che girano a spirale proiettando istantanee di un universo surreale. Una raffineria di riff grezzi che fabbrica energia di qualità, tra pulviscoli di sogni e mozziconi, arcobaleni su marciapiedi con pois di chewing-gum, aurore boreali e televideo. Psichedelica sbiadita, arrugginita: lenti in 3D effetto seppia che mostrano le nuvole di fango della realtà.
Titoli enigmatici e accostamenti insoliti di termini: non stupisce che su Facebook circoli un dizionario Verdena-Italiano. Il loro è in effetti un vocabolario piuttosto eccentrico. Il complesso ha escogitato negli anni una tecnica formidabile di costruzione degli album, una galassia semantica che sforza i confini della logica grammaticale. Nella loro stramba analisi del periodo, figure retoriche e sintassi non seguono le regole con cui il nostro orecchio è abituato a sentirle. Parimenti, immagini fuori dal comune si incastrano con proposizioni che battono i nostri timpani e provocano il nostro udito. Un gioco da ragazzi, dada e semiotico, tanto complicato da sfiorare la banalità più assurda. Senza etichette, indipendenti allo stato brado nella provincia rock del panorama italico, i Verdena continuano a suonare la loro storia. 


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