Gli eroi dell’epica: “Archetipi”
degli eroi del West
Da Omero a Sergio Leone.
«Ho sempre sostenuto che il più grande
scrittore di western è Omero, e i suoi personaggi non sono altro che gli
archetipi degli eroi del West[1] ».
Pare quasi impossibile che i personaggi che popolano i film
western possano derivare addirittura dai mitici eroi dell’epica classica e
della tragedia greca. Invece, «Ettore, Achille, Agamennone non sono altro che
gli sceriffi, i pistoleri e i fuorilegge dell’antichità[2]». D’altronde, l’universo pitturato da
Omero non si allontana molto dal vecchio West americano del XIX secolo:
entrambi si presentano come dei mondi primordiali e barbarici, abitati da
guerrieri e predatori dotati di un audace istinto di sopravvivenza,
continuamente tesi all’esaltazione del proprio ego, animati da sentimenti estremi e da passioni spesso incontrollate,
per i quali il disonore era la vergogna più grave e la gloria l’ideale supremo.
Ecco perché risulta relativamente semplice
individuare parecchie affinità tra gli eroi dell’antica Grecia, e quelli del Far West.
ANALOGIE TRA GLI EROI DELL’EPOS
E GLI EROI DEL WEST
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La μητις (= “saggezza”, “prudenza”, “abilità).
I personaggi omerici e leoniani sono investiti di astuzia politica e
intelligenza strategica, in virtù delle quali sono in grado di adattarsi
continuamente alle circostanze. In tal modo non affrontano gli eventi con
impeto distruttivo, col rischio di uscirne anch’essi distrutti, ma con
lungimiranza e razionalità calcolatrice. Questa caratteristica è comune, ad
esempio, sia al “πολύτροπος” (=”multiforme”) Odisseo, che all’Uomo senza nome di Leone.
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I soprannomi. I nomi propri degli eroi
dell’epica e del West sono spesso accompagnati da attributi e apposizioni che
contraddistinguono il personaggio. Gli eroi omerici assumono frequenti epiteti (“Achille piè veloce”; “Ettore
domatore di cavalli”; “Agamennone pastore d’eserciti”), mentre quelli leonini
presentano “nomi parlanti” e
nomignoli (“Il Biondo”; “Il Monco”; “Sentenza”).
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La solitudine. Omero e Leone sono
formidabili nel dipingere i loro eroi come individui unici, dotati di una
singolarità assoluta, che li porta ad emergere dalla massa.
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Il duello. Esso rappresenta una regolare
sfida quotidiana, sia nell’antica Grecia che nel Far West, combattuta tra due campioni di egual valore, in cui per
vincere è fondamentale una combinazione di forza, intelligenza e abilità con le
armi (lance o pistole che siano). Altra peculiarità del duello è la lealtà, ossia il rispetto di un preciso
codice di comportamento non scritto (noto ad Achille quanto a Joe lo straniero).
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La guerra, intesa come fonte di guadagno e
occasione per dimostrare il proprio valore sul campo. Con una sostanziale
differenza: nell’epos la guerra è fortemente voluta dall’eroe per ottenere
gloria e fama presso i contemporanei e i posteri; nel West è una dura realtà,
in termini di quotidiana lotta per la sopravvivenza, di cui si farebbe
volentieri a meno.
Il contesto storico: “Nascita e morte
del Far West ”
«To western woods, and lonely plains, /Palemon from the crowd departs,/ Where
Nature’s wildest genius reigns, /To tame and soil, and plants the arts - /What
wonders there shall freedom show, /What might states successive grow![1] »
«Verso le foreste d’occidente, e le pianure
solitarie, /La folla parte dal confine, /Dove regna il genio più selvaggio
della Natura, /Per domare il terreno, e piantare le arti - /Quali meraviglie
mostrerà la libertà, laggiù, /Quali futuri stati potranno nascere! »
Gli Spaghetti Western di Sergio Leone raccontano, attraverso
i fotogrammi di cui sono composti, un fenomeno storico ben definito, vale a
dire il mito del vecchio West americano. Più in particolare, l’obbiettivo della
cinepresa di Leone intende focalizzarsi sulla realtà, dura e crudele, della
frontiera americana nel corso del XIX secolo, per fotografare le asprezze e le
controversie di una vita instabile, a stretto contatto con una natura ribelle e
selvaggia. D’altronde, la storia degli
Stati Uniti risulta indissolubilmente legata al concetto di “frontiera”,
intesa come «la cresta, la lama acuta dell’onda[2]», una
linea virtuale e immaginaria in continuo movimento, sempre protratta dai
pionieri verso nuove conquiste. Il concetto di frontiera, poi, è finito per
divenire un ideale di forza, coraggio, libertà e speranza, ancora oggi elementi
peculiari del capitalismo individualista e intraprendente, tipico della società
americana.
Il mito della frontiera, a sua volta,
appare connesso a quel fenomeno del tutto particolare denominato “corsa all’Ovest”, che ha determinato
la straordinaria epopea dei coloni e pionieri: contadini, soldati, cercatori
d’oro, avventurieri di ogni tipo, caratterizzati da uno spirito dinamico,
intraprendente, vitale e individualista, che li spingeva a lasciarsi alle
spalle i loro modesti averi per varcare i confini del proprio stato e lanciarsi
verso nuove conquiste nell’immenso west
americano. Ho deciso quindi di trattare in modo riassuntivo le tappe più
significative che hanno caratterizzato la “corsa all’Ovest” e il mito della
frontiera; in sostanza la storia del Far
West.
I.
L’Ordinanza del nord ovest (1787). L’ordinanza
fu ratificata dal Congresso continentale statunitense, e fissava i criteri e le
norme dell’espansione territoriale verso l’occidente. Il documento stabiliva
che le regioni da colonizzare dapprima ottenevano lo status di territori, posti sotto la tutela del
Congresso, che avrebbe provveduto a inviare in
loco governatori e giudici. In seguito, una volta raggiunti i 60.000
abitanti, le regioni si trasformavano ufficialmente in Stati dell’Unione.
Dunque, l’Ordinanza incoraggiava i coloni della costa atlantica a lanciarsi
alla conquista di nuovi territori a ovest, e a instaurarvi nuovi governi
autonomi. E’ l’atto di nascita della “corsa all’Ovest”, e di quel modello di
sviluppo territoriale “aperto”, la cui manifesta espressione è la frontiera.
II.
L’elezione presidenziale del generale Andrew Jackson
(1828). Durante le elezioni del 1828 i democratici ebbero la meglio sui
repubblicani nazionali ed elessero come presidente Andrew Jackson. Costui era
sostenitore di un programma fortemente liberista, inteso a difendere gli
interessi degli agricoltori del sud e dei coloni dell’ovest, otre che
l’autonomia dei singoli stati. Era perciò l’incarnazione dello “spirito della
frontiera”, e contribuì di certo a spronare la spinta colonizzatrice dei
pionieri.
III.
La
Gold Rush
(“corsa all’oro”) in California (1848). Il 24 gennaio 1848, James W.
Marshall scopriva importanti giacimenti auriferi in California, lungo il letto
del fiume American. La notizia si diffuse presto. Nasceva così il fenomeno
della “corsa all’oro”, ingaggiata da pionieri di tutto il mondo (si ricordano
ad esempio le imprese dei cosiddetti “forty-niners”, ovvero i fortunati
“ragazzi del ‘49”). Pepita dopo pepita, la febbre dell’oro si fece sempre più
intensa, attirando verso il West milioni di cercatori.
IV. La Guerra di
secessione (1861-1865). Nonostante la guerra civile americana
sostanzialmente non abbia interessato i territori del West, tuttavia gli echi
dei cannoni si udirono anche lungo la frontiera, causando importanti ripercussioni
sulla vita socio-economica. Degli scontri tra confederati secessionisti del sud
e unionisti nordisti, delle battaglie di Fort Sumter e di Gettysburg, di Robert
Lee (comandante delle truppe confederate) e Ulysses Grant (generale dei
nordisti), Sergio Leone ha raccontato nel film “Il Buono, il Brutto, il
Cattivo”, accusando gli orrori e le tragedie di tutte le guerre.
V.
L’Homestead
Act (1862), la legge approvata dal presidente Lincoln che assegnava
gratuitamente quote di terre a occidente del demanio statale ai cittadini che
ne facessero esplicita richiesta.
VI. Il
completamento della Pacific Railroad
(1869). Il 10 maggio 1869 il famoso “Golden Spike” (“chiodo d’oro”) mise il
sigillo alla prima ferrovia transcontinentale degli Stati Uniti, che unì il paese
dall’Atlantico al Pacifico. Quell’opera gigantesca favorì ulteriormente la
colonizzazione dell’ovest ma, al contempo, segnò il definitivo tramonto della
frontiera, che oramai coincideva con la costa dell’oceano Pacifico. Il “Far west” non era più così lontano.
Anche Sergio Leone individua nel completamento della linea ferroviaria la fine
del grande Ovest, com’è attestato dal film, “C’era una volta il West”, in cui la Pacific Railroad è un enorme proiettile lanciato
a tutta velocità che penetra il cuore dell’America, fino a sancirne la morte.
Le locandine dei film: tra fumetto e pop art
«Per me
l’America è il paese delle contraddizioni[1]»
Le opere di Sergio
Leone rappresentano già di per sé dei formidabili capolavori artistici.
Tuttavia, mi è sembrato opportuno collegare l’arte cinematografica a un’arte
figurativa più tradizionale. Piuttosto che inoltrarmi nella sconfinata pittura
western, assai in voga durante l’intero ‘800 ma concretamente di scarso
successo, ho pensato di analizzare direttamente le affascinanti locandine che
hanno pubblicizzato in maniera visiva gli Spaghetti Western di Leone. Infatti,
anche se non costituiscono propriamente delle opere d’arte pittorica, esse restano
pur sempre dei validi e originali esempi di arte grafica. Inoltre rappresentano
degli elementi caratteristici dei lungometraggi leoniani, che hanno contribuito
non poco a diffondere la fama del cineasta romano e delle sue pellicole e a far
esplodere in tutto il mondo il nuovo “culto” per il rinato genere western.
A
testimonianza di ciò, la rivista statunitense Smashing Magazine ha
selezionato nella top 50 delle locandine cinematografiche - dagli anni ’70 a
oggi - proprio uno dei poster dei film di Sergio Leone, quello de “Il Buono, il
Brutto, il Cattivo”, esattamente in ventottesima posizione.
Mathias
Mazzetti, graphic designer per MEDIAFILM, sostiene che il poster cinematografico
ha un duplice scopo: «…creare un desiderio e vendere il prodotto, cioè
convincere la gente ad affollare le sale[1]».
In questo senso, le locandine degli Spaghetti Western di Leone colpirono nel
segno, unendo qualità artistica e successo immediato. Certamente non fu grazie alle
fortunate locandine che i film di Leone sbancarono ai botteghini, riempiendo le
sale cinematografiche, ove rimbombavano i colpi assordanti delle pistole di
Clint Eastwood e imperavano le colonne sonore di Morricone. Fatto sta che una
bella locandina può spingerci alla visione di un film, come fecero i poster che
accompagnavano l’uscita di un nuovo capolavoro leoniano.
Tale
fecondo matrimonio tra gusto e popolarità rimanda ad un particolare fenomeno
artistico esploso durante gli anni ’60, la pop
art. La pop art (pop è l’abbreviazione di popular,
ossia “popolare”) fu un’avanguardia artistica, nata in Inghilterra e maturata
negli Stati Uniti, che rivolgeva la propria attenzione agli oggetti, ai miti e
ai linguaggi della società dei consumi americana sviluppatasi intorno agli anni
’50. Essa divenne dunque arte di massa, cioè prodotta in serie, volta a
soddisfare la fame consumistica dei cittadini nord americani, tempestati dalla
pubblicità. Ecco dunque che la volgare mercificazione dell’uomo moderno,
l’ossessivo martellamento mediatico, il consumismo eletto a modello di vita, il
fumetto quale unica fonte letteraria superstite, divengo i fenomeni dai quali
gli artisti pop (Andy Warhol e Roy Lichtenstein i principali) attingono
la loro ispirazione.
Le
locandine dei western all’italiana presentano in effetti numerose analogie con
la pop art, e viceversa. Innanzitutto, partiamo da un dato temporale:
entrambi si collocano cronologicamente negli anni ’60 del XX secolo, periodo cruciale di profondi cambiamenti politici
e socio-economici, i quali hanno necessariamente influenzato la cultura, la
vita artistica e le mode del tempo. Ciò è evidente nel ricorso al fumetto popolare: per Roy Lichtenstein
e gli altri artisti pop, il fumetto, consumato quotidianamente da milioni
di statunitensi, diventa lo strumento più efficace per comunicare con il
pubblico, in virtù della sua immediatezza d’espressione. Invece, i graphic
designer di Leone scelgono la vignetta come allusione al mito: già dalla
locandina gli spettatori sanno a cosa vanno incontro, ossia a una storia
verosimile, sospesa tra realtà e finzione (come del resto ogni pellicola
cinematografica).
C’è
da dire, inoltre, che la pop art si avvalse largamente del linguaggio
della grafica pubblicitaria e del disegno industriale; basti pensare alla stampa serigrafica di Andy Warhol (procedimento
meccanico di stampa utilizzato per ottenere, in un immagine, parti colorate a
altre non). Infatti, l’obbiettivo di tale avanguardia era proprio quello di
creare arte di massa, consumista e superficiale, prodotta in serie. Ecco il
motivo per cui i soggetti delle opere pop divengono, oltre ai fumetti, i
prodotti di largo consumo delle società capitalistiche occidentali (celebri
sono le bottiglie di Coca-Cola o la minestra in scatola del già citato Warhol).
Ma accanto agli oggetti-simbolo del quotidiano trovano anche posto, nelle tele pop
art, altri emblemi di quel periodo, vale dire i miti cinematografici,
musicali, politici, che assurgono al ruolo di idoli delle masse. E’ il caso
delle fortunate serigrafie di Warhol che riproducono il volto della sensuale
Marilyn Monroe. Allo stesso modo, le locandine dei western di Leone ambivano a raffigurare
miti e nuovi idoli da contrapporre alle rinomate star di Hollywood. Questo si
può notare nella locandina della versione restaurata di “Per un pugno di
dollari”, in cui il faccione di Eastwood, barbuto, accigliato, rugoso e arso
dal sole vuole assomigliare al viso delicato e perfetto di Marilyn.
Se
da un lato lo stile della pop art ispirò la grafica delle locandine,
dall’altro, il tema del western è assai ricorrente nelle rappresentazioni pop.
Anche perché il genere inventato da Leone divenne, in quel periodo,
estremamente popolare, e dunque adatto all’esperienza pop art.
Un’ulteriore
affinità tra i poster degli Spaghetti Western leoniani e opere pop
riguarda l’uso delle tecniche e dei colori. Campiture di colore sgargiante stese
in modo piatto e uniforme, l’impiego di colori sintetici, accesi e innaturali,
di smalti smaccati, il rifiuto di ombre e volumi dei soggetti, forme
semplificate volte a trasmettere messaggi chiari ed immediati sono le
caratteristiche comuni ai due trends artistici.
Un ultimo dato, infine, unisce Spaghetti
Western e pop art : il 2009
rappresenta, sia per Sergio Leone che per Andy Warhol (principale esponente
della pop art), l’ottantesimo
anniversario dalla loro nascita. I due geni artistici videro la luce nel 1929
(Leone il 3 gennaio, Warhol il 6 agosto).
Bibliografia
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Andrea Giardina; Giovanni Sabbatucci; Vittorio Vidotto, Profili storici – dal 1650 al 1900 (vol. 2^), Bologna, Laterza,
2005.
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2005.
-
Giorgio Cricco; Francesco Paolo Di Teodoro, Itinerario
nell’arte – vol. 3 (Dall’Età dei Lumi ai giorni nostri), Bologna,
Zanichelli, 2005.
-
Ida Biondi, Storia e antologia della
letteratura greca – vol. 1, Firenze, G. D’Anna, 2004.
-
Italo Moscati, Sergio Leone - Quando il
cinema era grande, Torino, Lindau, 2007.
- Marco
Giusti, Dizionario del Western all'italiana, Milano, Arnoldo Mondadori, 2007.
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Sito grafia
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<http://www.milanodabere.it>
[1] Philip Freneau, On the emigration to America
and peopling the western country. Dal sito web <http:// www.nbu.bg/webs/amb/american/authors.htm>
[2] F. J. Turner, La frontiera nella storia americana, Il
Mulino, Bologna 1967, p. 6
[1] Ivi.
[2] Ivi.
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