“Fine di Ambiente Italia. Andava in onda dal
settembre '90, su RaiTre nazionale. Dalle 14.50 alle 15.50 per oltre vent'anni;
poi spostata dalle 13 alle 14 negli ultimi tempi (nell'ora tradizionale dei tg
di mezza giornata), infine ridotta a mezz'ora nell'ultima edizione. Il Paese in
diretta, coi suoi mali, le sue meraviglie, le sue ambiguità. Una partecipazione
corale, voci, confronti, inchieste sull'onda della stretta attualità. Per
capire, supportati da fonti scientifiche autorevoli, chiedendo conto a chi di
dovere. Una trasmissione onesta, utile, a disposizione dei cittadini. Di
servizio. Da quest'anno è sparita dal palinsesto. Amen”. Con questo post su
Facebook, il 10 settembre lo storico presentatore Rai Beppe Rovera annunciava
alla rete la chiusura del programma Tv Ambiente
Italia.
Sin da
subito non sono mancati i commenti e i messaggi di indignazione e, quindi, di
vicinanza, da parte del pubblico. D’altra parte, ci si era affezionati alla
trasmissione Ambiente Italia, che
formava e informava il sabato del villaggio della Penisola, raccontando la
grande bellezza e le grandi bruttezze dello Stivale.
Ora il
villaggio s’è fatto globale, e pare che non ci sia più spazio per una
televisione che curi i contenuti, oltre che la forma. Con l’esplosione di
Internet e dei social media, infatti, la comunicazione tende sempre di più a
preferire l’immagine sensazionale alla parola sensata, lo scoop dell’ultima ora
(ma che dico “ora”? …Secondo!) alla notizia costruita col tempo, e lungimirante
verso il futuro.
D’altra
parte, viviamo nella società dello spettacolo, nella civiltà dei consumi, nella
cultura dell’usa-e-getta, dove tutto o quasi si trasforma in un flusso di merce
che, dopo i famosi 15 minuti (secondi?) di celebrità, scompaiono nel buco nero
del World Wild Web.
Eppure…
eppure la Rai dovrebbe produrre servizio pubblico, al servizio della Nazione. E
allora forse converrebbe rileggere qualche articolo della nostra Costituzione,
per ricordarsi i principi e i fini delle istituzioni statali e non solo. Per
esempio l’art. 9: “La Repubblica […] tutela il paesaggio e il patrimonio
storico e artistico della Nazione”.
Genera
allora frustrazione, oltre che un vago senso di abbandono da parte di chi
dovrebbe offrire una forma di intrattenimento culturale e intelligente,
prendere atto dell’interruzione di Ambiente Italia. Come hanno evidenziato in molti,
tra semplici utenti ed esponenti del mondo green tricolore (Antonio
Cianciullo, Sergio
Ferraris, il portale Greenews.info),
si tratta di una perdita assai consistente, che va ad aggiungersi alla
precedente chiusura di Scala Mercalli. “Questione di audience”, si dirà, “di spazi pubblicitari, di business, di
marketing”. Tutto vero. Ma teniamo anche a mente che, per evitare uno
scenario di disastri ambientali per mano dell’uomo, a causa di scarsa
consapevolezza quand'anche ignoranza sulle questioni ecologiche, è necessaria più
che mai una corretta informazione su tali argomenti.
Come
ricorda il giornalista Sergio Ferraris,
“brevettiamo in Giappone case antisismiche e poi non le costruiamo ad Amatrice”.
L'Italia è la nazione che detiene il maggior numero
di siti Unesco inclusi nella lista dei Patrimoni
dell'Umanità: ben 51. Di rimando, in Pianura Padana – una delle regioni europee
tra le più inquinate – “abbiamo 57 siti altamente inquinati, d’interesse
nazionale o regionale con le bonifiche praticamente a zero”.
Infine,
c’è pure una ragione personale che mi lega ad Ambiente Italia. Il programma,
curato da Beppe Rovera e Battista Gardoncini,
andava in onda su Rai 3 nazionale dagli studi di Torino dal 1990. Io sono nato proprio in quell’anno.
Chissà se i miei nipoti o i mei figli saranno nuovamente in grado di occuparsi di
ambiente. E di Italia.
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