giovedì 5 marzo 2015

Corteccia



Chissà
se sottoterra si ode
la neve che cade.
Deve pur fare un rumore,
quando i fiocchi toccano suolo.
Chissà se disturba le bestie in letargo
tra le radici affamate.

            Ai vecchi stanati nella buia taverna
la neve non sembra dar troppo fastidio.
Soltanto Luigino, ogni giro di mano,
stacca un cristone;
gli fa subito seguito Chino
con peto da gran bevitore.
L’oste sonnecchia e un po’ marca i punti;
Rita, sua bella creatura,
guarda là fuori il vetro appannato –
al borbottar degli alticci sorride di lato.
Rita è ben alta di fianco alle figlie
del gobbo paese,
ma dopo è di modi più fini
e tanto più giovane suona la lingua.
Gli anni suoi ora contar non s’addice
sappiamo che contano: è da maritare.
Le guance di fragola, dentro alle mani
di pietra, danno alla neve un colore;
gli zigomi rotti, di rapa dei vecchi
rumano forte ad ogni giocata,
mischiandosi al vetro del vino novello.

            E’ un attimo e
il campanile batte due colpi:
Gino bestemmia Chino scoreggia;
l’oste sbadiglia e segna ventuno.
Rita sospira e cerca la luna,
e pare che ascolti ogni fiocco che cala.

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