Dal 20 al 22 maggio si è svolta in provincia di Cuneo la prima edizione
di “Circonomia” – Festival dell’economia circolare e delle energie dei territori, organizzato dalla cooperativa ERICA e dall'associazione AICA.
Tra i numerosi eventi che si sono susseguiti durante la tre giorni si segnala in particolare la lectio magistralis
di Jean-Paul Fitoussi al Teatro Sociale di Alba, rivolta agli studenti, su “Economia,
benessere, progresso: le priorità di oggi”. Moderato
dalla giornalista Giorgia Marino (Tuttogreen
– La Stampa) e stimolato da Francesco
Ferrante e Roberto Cavallo (ecologisti),
l’intervento di Fitoussi, noto economista e docente universitario di fama
mondiale, si è concentrato sulla necessità di un nuovo approccio alle questioni
economiche.
In primo luogo, il professore ha
spiegato come la concezione lineare dell’economia sia in realtà una erronea
rappresentazione dottrinale che non ha nulla a che vedere con le concrete
attività mercantili, da sempre basate sul concetto di circolarità. L’idea di un’economia
circolare non è dunque una novità: il problema è che è stata dimenticata col
tempo, come si evince leggendo i primi teorici della scienza economica quali
Malthus e Ricardo. Toccando alcuni punti del suo ultimo libro, scritto con i
premi Nobel Joseph Stiglitz e Amartya Sen, La misura sbagliata delle nostre vite. Perché il PIL non basta più per
valutare benessere e progresso sociale Fitoussi ha in aggiunta sottolineato
che ci sono diversi tipi di capitale, che non è pertanto riconducibile
al solo capitale economico privato. Esistono infatti il capitale pubblico,
quello umano, quello sociale (improntato sul concetto di fiducia) e, da ultimo
ma non evidentemente per importanza, il capitale naturale: la materia prima dell’intero
processo di produzione. Il PIL si palesa perciò come una stima fuorviante del
vero grado di benessere di una comunità umana. Ricollegandosi a un indirizzo di
pensiero rispolverato, almeno, dal celebre discorso di Bob Kennedy del 1968, l’intellettuale
d’oltralpe conferma quindi che il PIL in sostanza misura tutto, eccetto ciò che
rende davvero una vita degna di essere vissuta. Innanzitutto, come sappiamo
esso è lordo e non netto. Inoltre, si focalizza soltanto sul capitale privato:
ecco perché il PIL statunitense è generalmente più alto rispetto a quella europeo,
dove il sistema sanitario o quello scolastico sono prevalentemente pubblici.
Ancora, esso tende a crescere quando si verifica, per esempio, un disastro ambientale
come un terremoto, oppure in caso di attacchi terroristici, siccome le spese
statali aumentano, facendo “girare” gli affari...
Chiamando in causa le recenti
decisioni europee basate sulla politica dell’austerità, Fitoussi ha poi posto l’accento
sulle drammatiche condizioni in cui versa la Grecia, dove la disoccupazione è
inversamente proporzionale al livello dei normali servizi sanitari come medici
e medicine. Ma il fenomeno coinvolge in generale l’intero contesto occidentale,
in cui si assiste all’aumento della disuguaglianza e alla graduale scomparsa
della classe media. Insomma, si ripete la triste filastrocca per cui i ricchi
diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Si può quindi leggere
anche sotto questa prospettiva l’attuale successo dei partiti euroscettici, che
sovente mettono seriamente in crisi le istituzioni democratiche. Per questo
motivo Fitoussi ha ricordato che si tratta, in ultima istanza, di volontà
politica più che di questioni meramente economiche. In ogni caso, è evidente
che bisogna andare oltre l’odierno modello economico: che benessere sarà
infatti quello di una società in cui l’1% della popolazione è straricco e il
resto muore di fame o quasi? Concludendo, il docente francese ha evidenziato l’urgenza
di intraprendere la strada della sostenibilità ambientale, per vivere meglio e per
lasciare alle generazioni future almeno la stessa quantità di risorse naturali
di cui disponiamo oggi, e che spesso consumiamo in maniera così insensata.
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