Oramai
è diventata virale la notizia del “gran rifiuto” di Bob Dylan (nato Robert
Allen Zimmerman) ai “parrucconi” di Svezia. Così, se la consegna del Nobel al menestrello del rock già aveva acceso un
vivace dibattito tra apocalittici e integrati sulla musica come forma di
letteratura, adesso la vicenda si è fatta ancora più scottante.
Proprio
nel momento in cui il miliardario Donald
Trump – secondo il quale il cambiamento climatico
risulta nientepopodimeno che una “cavolata” – pare allora interessante indagare
il contributo di Dylan, se non alla
letteratura più alta, per lo meno alla comunicazione ambientale.
Il La del movimento ecologista Usa
Effettivamente,
l’epoca in cui Dylan ha iniziato la sua carriera artistica ha dato, per così dire, il La al
movimento ecologista statunitense, amplificando i malumori del periodo. Durante
i cosiddetti Sixties, infatti, la gente incominciò a sperimentare modelli di
vita alternativa più vicini alla natura, grazie anche al fatto che alcuni temi
ambientali furono introdotti al grande pubblico dalle canzoni di Pete Seeger,
Jimi Hendrix, Joni Mitchell e, appunto, Bob Dylan.
Nel
1963, per esempio, Dylan incise A Hard Rain’s A-Gonna Fall, dove viene
toccato il tema del rapporto tra uomo,
tecnologia e natura. Il brano diede
voce alla paura diffusasi tra le persone a causa della corsa agli armamenti
atomici. In questo caso, Bob Dylan riuscì a fondere in un nuovo prodotto di
massa, destinato al mercato discografico, la popular music e la canzone di
protesta a stelle e strisce.
Aria tossica a casa nostra
Già
dai primi versi del pezzo si respira una sensazione di olocausto atomico,
descrivendo le malefatte nucleari degli uomini contro una natura incontaminata.
L’immagine di un paesaggio di morte e desolazione stride perciò con la dolce
armonia degli accordi di chitarra. Il cantautore, in altre parole, intravide i
pericoli insiti in certe attività umane, che mettono a repentaglio la salute
del pianeta (e dell’uomo stesso ovviamente), comunicando con note e parole la tetra
visione di un futuro incerto per la sopravvivenza
dell’ecosistema terrestre – la nostra Home
Sweet Home.
E cosa
succederebbe, allora, se ci risvegliassimo e scoprissimo all’improvviso che il
futuro cantato da Dylan assomiglia al nostro presente? La risposta, amico mio, sta soffiando nel vento…
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