Il sentimento che tutto move,
e la più ignobile delle nefandezze umane. Come si può portare l’amore nel bel
mezzo della guerra? Solo un ingenuo sognatore come Pif (al secolo Pierfrancesco
Diliberto: regista, attore, conduttore televisivo e radiofonico) poteva riuscirci.
In guerra per amore
è il suo secondo (capo)lavoro, dopo l’altrettanto più che riuscito La mafia uccide solo d’estate
(recentemente trasportato in formato serie tv dalla Rai). Il Peter Pan dello
schermo italiano dimostra nuovamente la sua intelligente bravura e le sue doti
artistiche, presentando un importante episodio della storia nostrana – la “liberazione”
della Penisola per mano dell’esercito statunitense – in una chiave pedagogica
ma non didascalica, toccante ma non patetica.
Ciò che, più di ogni altra cosa, è apprezzabile dello stile di Pif è senz’altro la capacità di parlare al Pubblico con la “P” maiuscola, nel senso che riesce a comunicare attraverso un registro linguistico fruibile da un ampio spettro di spettatori – che sono poi i paganti ai botteghini che tengono in vita i cinema e il cinema. Tuttavia, senza strizzare l’occhiolino al becero populismo qualunquista. Anzi, il suo è un cinema impegnato civilmente e politicamente, nell’originaria accezione del “vivere insieme”.
Il film è allora una commedia drammatica, in grado di
smuovere le coscienze della platea, incastrando abilmente scene divertenti e
momenti tragici, battute ironiche e fotogrammi colti (vedi la messinscena della
celebre fotografia di Robert Capa, scattata proprio in Sicilia nel 1944. Oppure
la fine del duce Benito Mussolini, il quale finisce appeso a testa in giù sullo
stendibiancheria di un davanzale, condannato dall’esasperazione di un popolo
illuso e affamato).
La famosa fotografia di Robert Capa a Troina, in Sicilia: un contadino mostra a un soldato americano la direzione presa dai tedeschi. Da http://www.comune.troina.en.it/robert_capa.html |
Il Testimone di MTV documenta così una testimonianza poco
nota della storiografia tricolore: la commistione tra mafia e Yankees nella
ricostruzione post bellica. Creazione e distruzione. L’Italia si costruisce
grazie all’aiuto dei forestieri americani, mentre viene disfatta da quegli
italiani fantocci, manovrati come pupi dai connazionali emigrati padrini d’oltreoceano.
Il racconto della cinepresa segue perciò le gesta coraggiose
e le scelte esemplari di uomini e donne che hanno cercato stoicamente di
salvare il nostro Paese dalle malefatte della criminalità, organizzata o meno. Vengono
poi toccati di lato vari temi, come l’omosessualità in un epoca (…) dov’era un
tabù; la condizione femminile e la questione meridionale, oltre ai tic e ai
vetusti problemi del Sud della Stivale.
L’amore per Flora, l’adorata del protagonista, diventa così ardore
per la patria, ma spogliata di ogni nazionalistico e sciovinistico decoro
militare. Insomma, un film patriottico e non patriottistico, che proietta
ideali privi di ideologia.
In conclusione, Pif si cala ancora una volta nella parte del
sempliciotto ragazzo di campagna, con quel sorriso un po’ scimunito, e quell’espressione
un po’ così, ma con gli occhi che brillano e il cuore grande, capace di modellare
plasticamente i lineamenti della maschera facciale delle persone facendole
ridere, piangere, comprendere, agire. Per il Bene, la Pace, la Libertà e la Giustizia
di questa Terra.
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