lunedì 19 agosto 2019

Aurelio Peccei e il Club di Roma: un neoumanesimo tra economia ed ecologia

«Non vi sono scappatoie: la realtà va affrontata così com’è[1]»
(Aurelio Peccei)

«Immagini che hanno il solo scopo di presentare il prodotto[2]»
(In parecchie pubblicità televisive e su molte confezioni alimentari)

«Caution: objects in this mirror may be closer than they appear! [3]»
(Sugli specchietti retrovisori delle automobili Usa)

«Lo scopo del gioco è di trarre profitto […]. Quando il penultimo giocatore ha fallito, l’ultimo giocatore rimasto vince la partita[4]»
(Regole di “Monopoli”)



[1] A. PECCEI, La qualità umana, Castelvecchi, Roma, 2014, p. 91.
[2] In G. CUOZZO, Filosofia delle cose ultime. Da Walter Benjamin a Wall-E, Moretti e Vitali, Bergamo, 2013, p. 66.
[3] “Attenzione: gli oggetti nello specchio potrebbero essere più vicini di quanto sembrino”, in J. BAUDRILLARD, L’America, trad. it. di L. Guarino, Feltrinelli, Milano, 1987, p. 7.
[4] Regole del gioco “Monopoli”, Società Editrice Giochi S.p.A., Milano, 1985. 

La mia tesi ha primariamente lo scopo di presentare la vita e il pensiero di Aurelio Peccei: economista torinese, partigiano, dirigente Fiat, imprenditore internazionale e soprattutto fondatore del Club di Roma – associazione senza scopo di lucro nata nel 1968 per sensibilizzare la popolazione mondiale circa i maggiori problemi dell’umanità.

L’obiettivo principale del lavoro è perciò di ricavare una sorta di distillato filosofico dalla vicenda biografica e intellettuale di Aurelio Peccei, al fine di esaminare gli elementi di quella che può essere definita filosofia “pecceiana”.


Partendo dai concetti di Predicament of Mankind (“malpasso dell’umanità”) e World Problematique (“problematica mondiale”), nei suoi scritti Aurelio Peccei elabora una forma di umanismo ambientalista. Innanzitutto, egli effettua una diagnosi della complicata crisi globale, individuandone la causa profonda: la “primitività”, l’arretratezza o la decadenza dell’essere umano, che subisce una regressione spirituale e una involuzione morale, surclassato dalla ultramodernità dei sistemi artificiali che, viceversa, progrediscono a un ritmo quasi inverosimile, grazie ai prodigi di scienza e tecnica. È quindi indispensabile per Peccei investire nello sviluppo dell’uomo, offrendogli in prima battuta una formazione sistemica ed eclettica, affinché egli compia una vera e propria evoluzione culturale, un rinnovamento etico che faccia emergere le capacità potenziali e le qualità latenti in ciascun individuo. Perché ciò si verifichi occorre secondo l’autore unacoscienza di specie”, che si può innescare mediante un nuovo umanesimo, che vada ad integrare le “scienze esatte”, foriere di rivoluzioni materiali scientifiche, industriali e tecnologiche.

In particolare, per Peccei una delle più importanti missioni della specie umana – come si evince peraltro dai vari rapporti al Club di Roma, a partire dal famoso The Limits to Growth del 1972 – è costruire una “Realutopia” ecologica a partire da una gestione conservativa delle risorse naturali, passando dalla crescita produttiva esponenziale a una crescita limitata, differenziata, organica e sostenibile, per raggiungere una condizione di equilibrio dinamico del sistema mondiale.

Il punto di partenza della mia ricerca è in effetti la crisi ecologica in atto come graduale disfacimento del pianeta Terra, che si manifesta ovunque tramite vari segni quali il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità. Ho cercato di mostrare, tuttavia, come oggigiorno la devastazione della biosfera si combini pure, da un lato, con lo sfibramento della naturalità umana (intesa come unione di corpo e psiche) e, dall’altro, con la disintegrazione dello stesso mondo reale. Nel dettaglio, il fenomeno si esplica attraverso quelli che riconosco come i processi di dis-umanizzazione, dis-animalizzazione e dis-oggettivazione, che nel complesso configurano una iperrealtà virtuale, distorta, falsata, deformata o snaturata.

Ho allora rintracciato una meta-fisica postmoderna, dopo la metafisica classica e quella rappresentata dai “Grandi Racconti” ideologici della modernità, smascherati dai postmodernisti stessi. Essa indica il pensiero astratto consumistico-tecnocratico in un certo senso sovra-umano, soprannaturale ed extra-terrestre, che ci ha in qualche modo condotti fuori dal corpo, oltre la Terra, lontano dal mondo concreto.

Di conseguenza, la pars destruens dello studio consiste essenzialmente in una disamina della società dei consumi, vittima di una strana alienazione percettiva, interpretativa ed etica che denomino “jet lag esistenziale”: la sindrome di chi ha smarrito, per così dire, le coordinate spaziotemporali e vaga quasi “senza fissa dimora”. Analizzando l’occidentalità postmoderna, si nota infatti che è la cosiddetta “società del benessere” a produrre in larga misura mal-essere, esemplificato da patologie psicosomatiche, disuguaglianze socioeconomiche e distruzione della realtà fisica. La civiltà opulenta dei Paesi altamente industrializzati è appunto basata sul continuo spreco di risorse sia naturali che umane. Così, avvalendomi specialmente delle riflessioni del Professor Gianluca Cuozzo e con anche l’ausilio di alcune opere d’arte come film e racconti, ho osservato che la produzione di beni è sempre produzione di rifiuti e rifiutati.

Passando alla pars construens della mia proposta teorica, volta al recupero di un ben-essere psicofisico integrale, chiamo “ermeneutica della sopravvivenza” o “perifisica” semplicemente il rovesciamento della meta-fisica postmoderna. Essa implica pertanto un fisiologico ritorno a vivere secondo natura. In primo luogo, “vicino alla natura” del nostro corpo vivente e sensibile. In secondo luogo, “presso la natura” intesa propriamente come ambiente, cioè dentro a un ecosistema con precise leggi fisiche, che garantiscono la continuazione della vita su questo pianeta. In terzo luogo, perifisica significa “a contatto con la natura” del mondo fenomenico, senza mai dimenticare dunque la materialità effettiva delle cose.

In conclusione, seguendo le tracce lasciate da filosofi come Hans Jonas, Ivan Illich, nonché dallo stesso Aurelio Peccei, la perifisica corrisponde in sostanza a una ecosofia, nel senso di cultura dell’abitare e saggezza della “casa” comune, dove ri-prendere residenza per ottenere un autentico “permesso di soggiorno” (terrestre), potremmo dire, svolgendo responsabilmente le nostre “faccende domestiche”, alla stregua di umili “casalinghi” planetari.

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