lunedì 19 agosto 2019

Le qualità umane di Aurelio Peccei



Lo scopo di questo articolo è di ricavare, presentando la sua costellazione di idee e ideali, una sorta di distillato filosofico dalla lettura della vicenda storica e intellettuale di Aurelio Peccei: partigiano torinese, manager Fiat, imprenditore internazionale, noto soprattutto in qualità di fondatore (con lo scienziato scozzese Alexander King) del Club di Roma[1].


In via preliminare, occorre dire che teoria e prassi rappresentano due addendi inscindibili nella sua personalità: l’assidua concomitanza di idea e azione, di pianificazione e realizzazione, è una costante del pensiero (e del lavoro) di Aurelio Peccei. In aggiunta, è regolarmente presente nel suo stile un modo di procedere che alterna pars destruens e pars construens. Dopo la critica, infatti, egli non scorda mai la fase propositiva ma, al contrario, lancia soluzioni pragmatiche pur lasciando aperto il dibattito – propone ma non impone. Tipico del suo messaggio è, una volta analizzato dettagliatamente un determinato problema, l’appello a non perdere tempo e, di rimando, ad agire in fretta. Queste caratteristiche del suo modo di meditare e di essere, ne hanno fatto a buon diritto una specie di consulente dell’umanità.

Emergono perciò alcune peculiarità attitudinali che costituiscono le specificità del suo carattere: fermezza d’animo, forza di volontà, perseveranza, statura morale, sensibilità e ambizione, rigoroso metodo di lavoro, pensiero originale e coerente. Queste virtù, generalmente, diventano anche i connotati che contraddistinguono il Club di Roma (la sua “creatura” più nota), riversandosi a loro volta nei vari rapporti da esso richiesti.

Ripercorrendo la vita e l’opera di Aurelio Peccei troviamo una persona curiosa delle diversità del mondo, poliglotta, viaggiatore e conferenziere instancabile, tessitore di reti con gli strumenti di comunicazione di un’epoca pre-Internet, scrittore efficace che sa rivolgersi al pubblico con una prosa paratattica, capace di metafore pregnanti e immagini suggestive.[2]

È la descrizione offerta da Mario Salomone, educatore ambientale e scrittore[3]. Anna Pignocchi, segretaria personale di Aurelio Peccei, oltre a evidenziarne il calore umano e il senso dell’umorismo, ricorda come egli amasse autodefinirsi «a hopeless generalist[4]», un inguaribile eclettico. Uomo libero e cittadino del mondo, Peccei appare anzitutto come un filantropo che sente la propria responsabilità verso l’umanità. Aveva la «capacità di ascoltare in modo aperto e umile e di imparare da diverse culture[5]», ricorda Eleonora Barbieri Masini, epigona dei future studies in Italia, membro onorario del Club di Roma, vice presidente della Fondazione Aurelio Peccei e docente di Ecologia Umana presso l’Università Gregoriana. Enrico Cerasuolo, regista torinese che ha scritto e diretto Last call, film-documentario sulla saga che ruota attorno ad Aurelio Peccei, al Club di Roma e agli “eroi” de I limiti dello sviluppo scrive che, in virtù di una capacità visionaria, egli «aveva il coraggio dell’utopia, la volontà di progettare un futuro migliore e di compiere passi concreti per la sua realizzazione[6]». Gianfranco Bologna mette a fuoco il suo connaturato “pro-getto”: «Aurelio era sempre proiettato in “avanti”. Aveva la straordinaria capacità di “vedere” nel futuro e di interpretare i problemi, le situazioni, le necessità con decenni di anticipo[7]».

Pensare per Peccei – concordemente con la comune radice greca del verbo “vedere” e del sostantivo “idea” – significava appunto soffermarsi sui processi in corso onde prevederne gli effetti. Perciò egli è stato un precursore sotto molti punti di vista: metaforicamente, quasi un veggente teso a leggere dentro quella sfera di cristallo che è il mondo – una fragile perla blu. Al di là della suggestione, Peccei si mostra come un ermeneuta realista intento a capire i segni sul grande libro della natura, decifrando e traducendo i sintomi dei mali dell’umanità. Federico Mayor, direttore generale dell’UNESCO dal 1987 al 1999, lo elogia come segue: «A un’intelligenza brillante univa un magnetismo e un ascendente unici, che ci incantavano e davanti ai quali tutti gli ostacoli cadevano. La sua forza di convinzione era impastata di questa “qualità umana”, di cui si è fatto promotore e che […] è l’esigenza fondamentale del nostro tempo[8]».


Dal punto di vista professionale, Peccei è un economista sui generis, potremmo dire, e un manager illuminato. Nel ricoprire ruoli prestigiosi in giro per il mondo, egli associa alla perizia e all’esperienza manageriali la deontologia civile dei grandi capitani d’industria. Come rileva Adriana Castagnoli, considerando in veste di dirigente industriale il capitale umano l’asset più importante di un’azienda, egli è convinto che l’ethical man venga prima dell’economic man. Secondo il suo punto di vista, l’impresa multinazionale deve infatti unire il principio della redditività a quello dell’utilità sociale, che si concretizza in obblighi ecologici, culturali ed educativi. A tale riguardo, per le sue sottili doti imprenditoriali e la solida conoscenza dell’economia globale, Daisaku Ikeda, con cui scrive Campanello d’allarme per il XXI secolo, lo descrive come un «consulente economico e un brillante uomo d’affari[9]». Cerasuolo mette però in luce che egli «era un industriale e aveva un sogno, costruire una governance dello sviluppo sostenibile attraverso capitalisti illuminati e politici lungimiranti[10]». Unendo quasi in maniera alchemica il raziocinio empirico dell’imprenditore con la calda immaginazione dell’utopista, il suo è perciò un pensiero mite e temperato. Ad ogni modo, si può affermare che per lui prima dell’occupazione viene la preoccupazione, ossia l’apprensione verso i tormenti della specie Homo.

Sulla scia delle idee di Luigi Einaudi e del “Manifesto di Ventotene” di Altiero Spinelli, politicamente Peccei sogna una comunità europea (e mondiale) federale e sovranazionale. Ammiratore degli Usa ma critico verso lo spauracchio della “civiltà tecnetronica” con cui si sollazza lo zio Sam, crede in un “neoatlantismo”: una reale globalizzazione di idee e valori tra le due sponde dell’oceano, invece che di soli beni materiali.

È questo il messaggio che sgorga da Verso l’abisso, la sua prima fatica letteraria edita nel 1969 dalla Macmillan di New York col titolo The Chasm Ahead. Il saggio esamina infatti il divario creatosi tra Stati Uniti ed Europa, cioè la frattura in seno alla “piattaforma Atlantica”, che può degenerare in una nuova “deriva dei continenti”. Secondo l’autore, il Vecchio Mondo corre il pericolo di rimanere troppo indietro rispetto alle conquiste formidabili del Nuovo Mondo. Tale gap tecnologico rischia di inficiare una volta per tutte i rapporti tra i due che, invece, bisogna rinsaldare al più presto. Pertanto, la tesi principale del libro è che tra le rive dell’oceano salpato da Colombo ci sono contemporaneamente forze divergenti – crepacci carsici come cicatrici sulla cartina politica della Terra – e correnti convergenti, che rispettivamente distanziano e avvicinano europei e americani. Il suo auspicio, ovviamente, è che a prevalere siano i punti di contatto, indispensabili in un villaggio globale e interconnesso. Per ridurre tale «écart de civilisation» (p. 63), si può dire che secondo Peccei occorre in primo luogo scongiurare un altro “ratto di Europa”, che non deve cioè divenire una «copia carbone degli Stati Uniti» (p. 75); in secondo luogo, è indispensabile ricucire la solidarietà con le altre nazioni avanzate, sulla falsariga della cooperazione tra i popoli.


È importante notare come nella mente di Peccei vi fosse già una limpida visione d’insieme sulle tendenze evolutive del mondo, sempre più unito grazie alle scoperte frutto dell’ingegno umano: comunicazioni, trasporti, intrattenimento di massa. Inoltre, sono qui presenti in nuce i principi guida della sua impostazione teorica matura: unità globale come premessa di sopravvivenza; pianificazione a lungo termine con obiettivi ad ampio respiro; approccio olistico per affrontare la complessità dei problemi che gravano il mondo.

Ovviamente, non manca chi gli ha mosso contro delle critiche, sia in Italia che nel dibattito internazionale. Come annota Mario Salomone, «per la sinistra il “manager” Peccei è la longa manus di qualche complotto capitalista»[11]. Nel 2005 Human Events, una rivista della destra americana, lo inserisce nella lista dei trenta autori più pericolosi del XIX e XX secolo. Parimenti, vari esponenti liberal considerano Peccei e il Club di Roma i fautori di un elitarismo escatologico che inscenerebbe l’effetto Cassandra tipico del catastrofismo millenaristico, invocando addirittura lo spettro di un ritorno al Medioevo; nel migliore dei casi il loro operato appare niente di più che un’idea romantica ma irrealizzabile. I partigiani del business as usual, inoltre, hanno calcato la mano su errori e inesattezze de I limiti dello sviluppo[12]; per converso, teorici della decrescita come Georgescu-Roegen hanno definito il Club di Roma una «incredibile fanfara[13]».


Alcune obiezioni sono certamente discutibili e, in ogni caso, non rientra negli intenti di questo lavoro effettuare una dettagliata analisi argomentativa per confutarle una ad una. Comunque, sembra per lo meno interessante osservare che il 2008 (centenario della nascita di Peccei) sia stato aspramente segnato da una crisi finanziaria in qualche modo prevista dall’autore, che purtuttavia resta soltanto un sintomo di quella più complicata problematica mondiale sviscerata e affrontata nell’arco di una vita. In più, «non ascoltare le Cassandre può talvolta significare aprire la strada a qualche Hitler[14]». Ad ogni modo, è indubbio che Aurelio Peccei è stato un personaggio scomodo, difficilmente etichettabile secondo dogmatismi e canoni ideologici.

Di conseguenza, la prospettiva con cui osservare il cammino esistenziale e intellettuale di Peccei può essere quella della “resistenza”. Dapprima egli milita infatti nel movimento antifascista durante la Seconda Guerra Mondiale. Ma dopo aver attivamente preso parte alla Resistenza partigiana (detta anche “Secondo Risorgimento”), il sogno di Peccei è l’avvento di un nuovo Risorgimento, questa volta mondiale, che abbracci tutti i popoli della Terra per costruire un’avvenire migliore. Possiamo allora vedere l’incessante impegno di Peccei dopo la fondazione del Club di Roma come una seconda Resistenza, un’opposizione a ciò che Pier Paolo Pasolini definiva “fascismo dei consumi” o totalitarismo economico.

Aurelio Peccei appare in un certo senso un illuminista post-litteram, tenace e intraprendente, critico del presente ma detonatore di una positiva carica di speranza. Contro i moderni barbari egli si fa promotore dell’esortazione latina divenuta con Kant motto dell’Illuminismo: “Sapere aude!”. “Abbi il coraggio di conoscere”, ci comunica Peccei dalle pagine dei suoi scritti: “Non fermarti al gradino dei pregiudizi, dei luoghi comuni o delle opinioni del passato ma, al contrario, serviti della tua propria intelligenza per scalare la vetta infinita della saggezza, passo dopo passo. Non avere paura del futuro, o uomo, ma osa uno splendido avvenire, che potrai fabbricare con le tue stesse mani, guidate dal tuo stupefacente cervello”.

La sua posizione è quella di un ottimismo moderato, che nasce dall’inquietudine di chi spalanca gli occhi di fronte alla realtà, ma non si rassegna nonostante lo sdegno. Consapevole delle difficoltà dello status quo ma fiducioso nei confronti del domani, l’eroe per Peccei è colui che si attiva energicamente per affrontare a viso aperto e con la schiena dritta gli ostacoli che si frappongono sul cammino dell’essere umano. Certo, non si avverte nel suo pensiero l’idea della speranza di un Ernst Bloch, così come egli è ugualmente lontano dalla disperazione intransigente di Günter Anders. Si può dire che Peccei sia piuttosto in linea con la responsabilità di Hans Jonas, anche se forse con meno paura e più fiducia – euristica della speranza?

Un’ultima nota circa il senso del sacro in Peccei. Egli si professa un ateo agnostico: «Non sono un credente secondo il significato attribuito a questa definizione dalle varie religioni[15]». Purtuttavia, nonostante l’educazione laica influenzata dal socialismo, egli ritiene che la religiosità sia una dimensione essenziale che l’Homo Consumens ha smarrito, soppiantata dal riduzionismo del neopagano culto materialista, «il mito della sacra divinità della crescita, che presiede la nostra società mercantile[16]». Ne deriva che «questa umanità, ancorché prigioniera di motivazioni materialistiche, ha un profondo bisogno di spiritualità[17]».





[1] Associazione senza scopo di lucro nata nel 1968 con l’obbiettivo di sensibilizzare la popolazione mondiale circa i maggiori problemi dell’umanità. Cfr. http://www.clubofrome.org/.
[2] M. SALOMONE, La società umana oltre il “malpasso”. Orientati al futuro: Aurelio Peccei e il Club di Roma, Istituto per l’Ambiente e l’Educazione Scholé Futuro, Torino, 2012, p. 70.
[4] A. PIGNOCCHI, “La forza dell’ottimismo”, in ivi, op. cit., p.145.
[5] E. B. MASINI, L’eredità di Aurelio Peccei e l’importanza della sua visione anticipatrice, testo originale in lingua inglese pubblicato sul sito http://www.clubofrome.org, tradotto da S. Arnaldi e F. Curet (Istituto Jacques Maritain di Trieste), p. 17.
[6] E. CERASUOLO, “La necessità di raccontare la storia di Aurelio Peccei e I Limiti dello sviluppo”, in A. Castagnoli (a cura di), Fra etica, economia e ambiente. Aurelio Peccei: un protagonista del Novecento, SEB 27, Torino, 2009, p. 97.
[7] G. BOLOGNA, “Introduzione” di A. Peccei, La qualità umana, Castelvecchi, Roma, 2014, p. 12
[8] F. MAYOR, “L’influenza del pensiero di Aurelio Peccei”, in Lezioni per il ventunesimo secolo. Scritti di Aurelio Peccei, a cura della Fondazione Aurelio Peccei, Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per l’informazione e l’editoria, Roma, 1993, p. 283.
[9] D. IKEDA, “Una rivoluzione interiore”, in M. SALOMONE, La società umana oltre il “malpasso”, op. cit., p. 134.
[10] E. CERASUOLO, “Ultima chiamata”, in .eco, n. 5 - maggio 2008, anno XX/150, p. 16.
[11] M. SALOMONE, La società umana oltre il “malpasso”, op. cit., p. 47. Addirittura, girano in rete dietrologie per cui Peccei farebbe parte di una cospirazione segreta massonica (http://ambientalismodirazza.blogspot.it/2008/06/aurelio-peccei-ed-il-club-di-roma-il.html).
[12] Sulle polemiche suscitate dal primo rapporto del Club di Roma cfr. L. PICCIONI, G. NEBBIA, I limiti dello sviluppo in Italia. Cronache di un dibattito 1971-74, “I quaderni di Altronovecento n. 1”, Fondazione Luigi Micheletti, Brescia, 2011; P. BRAILLARD, L’impostura del Club di Roma, trad. it. di F. Cavallo, Edizioni Dedalo, Bari, 1983.
[13] N. GEORGESCU-ROEGEN, Bioeconomia. Verso un’altra economia ecologicamente e socialmente sostenibile, a cura di M. Bonaiuti, Bollati Boringhieri, Torino, 2003, p. 219.
[14] T. DE MONTBRIAL, Energia. Conto alla rovescia, trad. it di C. Bay, Mondadori, Milano,1982, p. 171.
[15] A. PECCEI, D. IKEDA, Campanello d’allarme per il XXI secolo, Bompiani, Milano, 1985, p. 89.
[16] A. PECCEI, “Alcune risposte ai critici dei Limiti dello sviluppo”, in Lezioni per il ventunesimo secolo, op. cit., p. 23.
[17] A. PECCEI, Cento pagine per l’avvenire, Mondadori, Milano, 1981, p. 38.

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