giovedì 2 aprile 2015

1.



Oltretutto[1] siamo dei prestigiatori, quando finiamo per tirare fuori dal cilindro Bugs Bunny. Alice non era ancora giunta nel paese delle meraviglie; nel frattempo, trascorreva le sue giornate a iniettarsi eroina. La vidi durante un tramonto, all’uscita del supermercato[2]. Coccolava tra le mani lunghe e corrose dai denti il suo walkman. Ovviamente aveva il cappuccio. Tra l’altro si può ridere molto più sinceramente con un cappuccio in testa, quando le Dr. Martins le aveva già fatte diventare grigie. Il mondo era grigio, necessariamente. Ecco non avevo in mente la nozione di mondo. Ma qualcuno ha davvero visto il mondo? Io non l’avevo mai visto. Me lo fece visitare Eidos, una mattina, di fretta. Perciò avevamo tagliato la scuola, tanto non interrogava nemmeno quel giorno, che eravamo quasi ai pagellini e aveva finito il giro (così la De Magistris se ne stava in cattedra a sfogliare il settimanale dei vip). Eidos mi passa[3] a prendere in Fifty e mi porta ai giardini della stazione. A quel tempo il buon Eidos girava con i capelli rasati sotto e lunghi sopra, con la riga in mezzo, per forza. Ci siamo seduti su quella panchina là, dove adesso i morosi incidono coi cacciaviti (a stella, che altrimenti non vale). Eidos tirava fuori dal sellino del cinquantino una bustina di simil-tè. Io i filtri e le cartine. E il resto della storia è contenuto nella Genesi. Mia mamma mi portava spesso a servire la messa. Non mi dispiaceva. Tanto in tv a quell’ora della domenica mattina c’erano solo cartoni animati demenziali, ovvero manga dalle lenti rosa. Quegli altri cartoni (a loro modo animati), invece, li conobbi più avanti con l’età. Mi interessavano le prediche di Don Graziano, certamente meglio delle lezioni della De Magistris. Me ne stavo verso il fondo della navata laterale, intento a scannerizzare i robot seduti sulle panchine, i quali, perfettamente sincronizzati, riuscivano a genuflettersi contemporaneamente e a ripetere anche quelle stesse preghiere con i medesimi gesti. Il tono delle voci era cavernoso e metallico, specialmente quello delle femmine. I canti non erano male. Comunque adoravo le fiamme delle candele. Chiaro che mi sono scottato con l’accendino! Eidos aveva scaldato il bordo per circa 30 secondi, mentre Er mi teneva fermo il braccio. Era estate. Quindi mi marchia[4] sulla spalla. Bruciava. Cristo quanto scottava quella merda! Dopo un mese mi usciva il pus. Dopo due c’era la crosta. Adesso c’è la cicatrice e mi piace. Dalla pelle trasparente di Alice si vedeva l’aurora boreale in certe nottate di luna piena.


[1] meta-fisica.
[2] COLPO DI FULMINE. Poi un lampo squarciò l’occhio/ e vita, sì, vi entrò./ Vidi fuochi pirotecnici e unicorni arcobaleno;/ tigri dalle righe psichedeliche.
[3] alla faccia della consecutio temporum.
[4] ibidem.

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