giovedì 2 aprile 2015

5.



Stormi di astronauti del primo turno fanno colazione presso la Via Lattea, inzuppando pan di stelle nell’acido lattico. Pipistrelli stremati ricorrono all’aerosol e al cortisone per combattere l’asma da sforzo. E’ fuori discussione che i panda se le sono prese durante un sound system al circolo, oppure dietro alle transenne della giostra a catene. Renne col rene policistico erano periodicamente costrette a superare, arrancanti a fare i salti mortali, le transenne collocate lungo la corsa a ostacoli delle strenne natalizie. Adoro il natale e non trattasi di antifrasi. Le mantidi religiose condannate al rogo per eresia. I corvi affetti da raucedine cronica. I veterinari speculavano sulle cure obbligatorie dei bulldozer domestici. La luna ulula ai licantropi di questa medio - grande città[1]. I cani se ne stanno in branco a condividere le loro pulci[2]. Trascorrevamo interi pomeriggi chiusi in camera a studiare ‘Antropologia socio-culturale dell’universo verosimilmente giovanile’ sulle slide che il professor Facebook forniva gratuitamente come dispense sulla sua piattaforma informatica. Inoltre avevamo l’obbligo di frequenza per il corso en plain air di archeologia, presso la discarica, in cui sezionavamo elettrodomestici fatti a ceppi, sbattuti di casa e decapitati; siringhe urticanti, ormai prive di pungiglione, che si putrefacevano tra mozziconi brulicanti nel terreno e lattine accartocciate. I funghi soffocavano sotto ai un profilattici usati, mentre fertili gomme da masticare servivano da radici all’asmatico canneto. In mezzo alle sponde del fiume è ora sorta un’isola ecologica, ricoperta da bulbi d’immondizia e steli di scorie, foglie di pattume e petali di souvenir. Saranno questi, in fondo, i reperti più duraturi della nostra contemporaneità. A maggior ragione, pornografia era la nostra materia preferita. A metà settembre avevamo gli esami di riparazione di microeconomia: ripartiva l’asta del fantacalcio. Quel cane di Eidos l’anno scorso compilava la rosa scegliendo solamente giocatori slavi, mentre l’anno prima soltanto giocatori il cui cognome iniziava con la A o con la Z. Chissà quali imperscrutabili sorprese ci riserverà in futuro. A calcio ho il numero 8. Gioco in mezzo al campo e vivo di polmoni. Il mio pallone è gonfio di lividi e di botte, mentre la divisa sa di sudore, fango, sangue. Gli arbitri non arbitravano, gli allenatori non allenavano, i giocatori non giocavano. In verità, le amichevoli celavano un’ostile inimicizia. La paura va scacciata via in un attimo: novanta minuti e poi la morte. L’anima degli scarpini evaporata attraverso i calzettoni. Nel rettangolo verde la democrazia, sugli spalti l’anarchia, la tirannide nello spogliatoio. I guardalinee astigmatici tracciavano righe contorte lungo il codice penale. Il colore dei cartellini era sbiadito e, per lo più, male interpretato. All’interno dell’area non si fanno i colpi di tacco, per forza. C’era chi si faceva il segno della croce durante l’ingresso in campo e un minuto dopo bestemmiava in maniera diabolica – la bestemmia come catarsi dall’alienazione dell’esistenza. C’era chi non metteva i parastinchi, eppure picchiava duro. C’erano gli infortunati cronici, i diffidati a tempo indeterminato, gli squalificati precari. La fascia da capitano avvolgeva il bicipite dei capitani. Mica si arrivava con gli scarpini sporchi alla domenica! Quando il grasso animale lo si metteva anche in faccia, sperando che il ghiaccio istantaneo non finisse mai. Successivamente i meriggi domenicali erano celebrati in curva sud a strisciare tra gli striscioni scurrili e i fumogeni illegali, chiedendoci se i lacrimogeni degli sbirri fossero, in fondo, così legali. I tamburi sacrosanti percuotevano le recinzioni e il megafono del capo ultrà evangelizzava, dal suo pulpito, le sciarpe e il bandierone. La vita è l’attraversamento pedonale di una tangenziale a infinite corsie, le cui strisce sono momentaneamente sbiadite. La tristezza è un pomeriggio assolato trascorso a giocare a solitario; ovviamente, senza vincere una partita. Una persona diventa veramente influente nella tua vita quando conosci a memoria il suo numero di telefono. La noia è tale non appena le sigarette perdono qualsiasi sapore. E’ una cosa brutta mettersi a letto e non prendere sonno perché non si è abbastanza stanchi. Si diventa vecchi quando al mattino, per svegliarti, hai necessariamente bisogno di un caffè. Alice, l’esistenza è lì: tra il tuo mascara e il tramonto.


[1] Ascolta ed acquista 883, Con un Deca.

[2] cfr. e vivi Massimo Volume, La città morta.

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