giovedì 2 aprile 2015

10.



Le cicogne portano i neonati, fasciati da giubbotti catarifrangenti, nei cantieri, mettendoli poi a dormire dentro alle betoniere. In questa jungla semi-urbana i lampeggianti turchese delle gazzelle rincorrono le sirene blu delle ambulanze, mentre il cosmo cascava col caos dei clacson. Il casco dei black bloc era omologato. Nottetempo, il nostro incubo più terrificante restava l’ombra nera dei buttafuori. L’uomo nero era anche il nostro angelo custode part-time. Il nero dei black bloc smagrisce. Ora come allora il rimborso spese in nero era il minimo sindacale. La fontana sulla rotatoria nei pressi del polifunzionale era fosforescente e, a giorni alterni, vomitava il detersivo che quelli delle medie versavano a mezzanotte. Il potere d’acquisto è l’unico superpotere del nostro supereroe preferito, Super Mario. La benzina è super. I mercati pure. I contabili regolano i conti per la strada, smanettando i polpastrelli sui moschettoni e i manganelli. I mosconi OGM andavano a sbattere il muso sulle vetrine psichedeliche, defecando sulle insegne dei saldi tirate a lustro. I manichini dei grandi magazzini entrarono improvvisamente in sciopero, decretando il panico generale dei commessi: decine di clienti suicidati. I flipper della ludoteca si mobilitarono finalmente per un black-out generale. I sogni rottamati in discariche abusive[1]. I sogni nel cassetto ce li avevano morsicati le tarme. Le pietre artificiali partorite in maniera distocica. I pioppi sfogliavano rabbiosamente il loro libretto d’istruzioni per attivare la fotosintesi clorofilliana. I piccioni schizofrenici, distesi sui cornicioni, al rapporto dall’analista. A carnevale i bambini indossavano poliedriche maschere antigas e, ad ogni ricorrenza, declamavano: “Cioccolattoli!”. All’Epifania solo carbone per il barbone. Ci vendevano l’adrenalina in flaconcini da 12 cl. Pertanto pernottavamo perennemente con una perpetua pertosse. Anche i mangiacassette sono diventati anoressici. Ho parlato con il sole: mi ha detto che fa caldo. Così ho dato una pulita allo specchio, per sembrare migliore. All’uscita dei supermercati ci puntano un laser per vedere se abbiamo la coscienza pulita. Paura di scordarci il codice del bancomat o il pin del cellulare; inserisci la password per potermi parlare. I nostri anni buoni sono solo quelli bisestili e i mesi sono numeri. I bambini stressati e i vecchi imbalsamati, i ventenni assonnati, coi polmoni stuprati. Le emozioni conservate in blister, i nostri cuori cianotici, le coscienze in polistirolo. Ci avveleniamo con i farmaci. Gli sniffatori ad aspirare le polveri sottili. Le persone solari si sono ustionate. I cittadini del mondo non sanno più dove andare. Giocheranno a bowling con le nostre ossa; traghetteranno le nostre anime su navi crociera. Venderanno come gadget i nostri organi vitali. Arriveranno a farci lo scontrino tutte le volte che compreremo un bambino. Collegheranno con cavi USB le nostre menti curate a LSD. E non c’è niente di più poetico di un dizionario. E i supermercati sono i musei più suggestivi delle città. E non c’è niente di più poetico della lista della spesa. Nel centro, i camerieri servivano cocktail a base di rum e cicuta frattanto che l’elleboro veniva somministrato ai randagi della stazione. I netturbini erano angeli apteri in azione tra i semafori a intermittenza. I citofoni toccavano quota magnitudo 9.8. I ragni prediligono le zone notte. I topi da biblioteca portavano la peste; i collari cervicali avvolgevano le giraffe dopo l’incidente nucleare. Le pulci zampettavano sui carboni ardenti. Il calcestruzzo si riproduceva allo zoo comunale. Gli ungulati avevano la french. L’odore di vernice ci mandava in trance. Il complotto dei metereologi. I bagarini svendevano gli ultimi biglietti disponibili per assistere all’incontro-scontro tra i gatti del quartiere. Le nostre gomme da masticare rendevano i marciapiedi allegramente a pois. A carnevale rischiavamo l’asfissia per colpa dei coriandoli in gola e la pelle si abbrustoliva a contatto con la schiuma; per le ragazze, lo scopo era sentirsi la più figa in base alla quantità di schiuma sui capelli lerci. Le stelle filanti colavano dai panini del porcaro all’uscita della tangenziale, dopo la balera – ma chi si ricorda se avessimo poi davvero ballato. Deh, le note a piè di pagina saranno infine calzate da anfibi rinforzati da suole a carro armato. O Eidos, cane bastardo, trascorreremo i pochi giorni della nostra misera pensione a raccattare i mozziconi di sigaretta alla fermata del bus urbano, a mettere i lucchetti alle nuvole, sottolineando l’orizzonte con un indelebile nero, ossia a inchiostro permanente – per dipingere le stelle di nuove prospettive. Coi denti serrati, intoneremo a squarcia gola il nostro Inno Provinciale. Le occhiaie fungevano da contorno occhi per Alice.


[1] cfr. e studia Canzoni da spiaggia deturpata, di Le Luci della Centrale Elettrica.

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