Le cicogne
portano i neonati, fasciati da giubbotti catarifrangenti, nei cantieri, mettendoli
poi a dormire dentro alle betoniere. In questa jungla semi-urbana i
lampeggianti turchese delle gazzelle rincorrono le sirene blu delle ambulanze,
mentre il cosmo cascava col caos dei clacson. Il casco dei black bloc era
omologato. Nottetempo, il nostro incubo più terrificante restava l’ombra nera
dei buttafuori. L’uomo nero era anche il nostro angelo custode part-time. Il
nero dei black bloc smagrisce. Ora come allora il rimborso spese in nero era il
minimo sindacale. La fontana sulla rotatoria nei pressi del polifunzionale era
fosforescente e, a giorni alterni, vomitava il detersivo che quelli delle medie
versavano a mezzanotte. Il potere d’acquisto è l’unico superpotere del nostro
supereroe preferito, Super Mario. La benzina è super. I mercati pure. I
contabili regolano i conti per la strada, smanettando i polpastrelli sui
moschettoni e i manganelli. I mosconi OGM andavano a sbattere il muso sulle
vetrine psichedeliche, defecando sulle insegne dei saldi tirate a lustro. I
manichini dei grandi magazzini entrarono improvvisamente in sciopero,
decretando il panico generale dei commessi: decine di clienti suicidati. I flipper
della ludoteca si mobilitarono finalmente per un black-out generale. I sogni
rottamati in discariche abusive[1]. I
sogni nel cassetto ce li avevano morsicati le tarme. Le pietre artificiali
partorite in maniera distocica. I pioppi sfogliavano rabbiosamente il loro
libretto d’istruzioni per attivare la fotosintesi clorofilliana. I piccioni
schizofrenici, distesi sui cornicioni, al rapporto dall’analista. A carnevale i
bambini indossavano poliedriche maschere antigas e, ad ogni ricorrenza,
declamavano: “Cioccolattoli!”. All’Epifania solo carbone per il barbone. Ci
vendevano l’adrenalina in flaconcini da 12 cl. Pertanto pernottavamo
perennemente con una perpetua pertosse. Anche i mangiacassette sono diventati
anoressici. Ho parlato con il sole: mi ha detto che fa caldo. Così ho dato una
pulita allo specchio, per sembrare migliore. All’uscita dei supermercati ci
puntano un laser per vedere se abbiamo la coscienza pulita. Paura di scordarci
il codice del bancomat o il pin del cellulare; inserisci la password per
potermi parlare. I nostri anni buoni sono solo quelli bisestili e i mesi sono
numeri. I bambini stressati e i vecchi imbalsamati, i ventenni assonnati, coi
polmoni stuprati. Le emozioni conservate in blister, i nostri cuori cianotici,
le coscienze in polistirolo. Ci avveleniamo con i farmaci. Gli sniffatori ad
aspirare le polveri sottili. Le persone solari si sono ustionate. I cittadini
del mondo non sanno più dove andare. Giocheranno a bowling con le nostre ossa;
traghetteranno le nostre anime su navi crociera. Venderanno come gadget i
nostri organi vitali. Arriveranno a farci lo scontrino tutte le volte che
compreremo un bambino. Collegheranno con cavi USB le nostre menti curate a LSD.
E non c’è niente di più poetico di un dizionario. E i supermercati sono i musei
più suggestivi delle città. E non c’è niente di più poetico della lista della
spesa. Nel centro, i camerieri servivano cocktail a base di rum e cicuta
frattanto che l’elleboro veniva somministrato ai randagi della stazione. I
netturbini erano angeli apteri in azione tra i semafori a intermittenza. I
citofoni toccavano quota magnitudo 9.8. I ragni prediligono le zone notte. I
topi da biblioteca portavano la peste; i collari cervicali avvolgevano le
giraffe dopo l’incidente nucleare. Le pulci zampettavano sui carboni ardenti. Il
calcestruzzo si riproduceva allo zoo comunale. Gli ungulati avevano la french. L’odore di vernice ci
mandava in trance. Il complotto dei metereologi. I bagarini svendevano gli
ultimi biglietti disponibili per assistere all’incontro-scontro tra i gatti del
quartiere. Le nostre gomme da masticare rendevano i marciapiedi allegramente a
pois. A carnevale rischiavamo l’asfissia per colpa dei coriandoli in gola e la
pelle si abbrustoliva a contatto con la schiuma; per le ragazze, lo scopo era
sentirsi la più figa in base alla quantità di schiuma sui capelli lerci. Le
stelle filanti colavano dai panini del porcaro all’uscita della tangenziale,
dopo la balera – ma chi si ricorda se avessimo poi davvero ballato. Deh, le
note a piè di pagina saranno infine calzate da anfibi rinforzati da suole a
carro armato. O Eidos, cane bastardo, trascorreremo i pochi giorni della nostra
misera pensione a raccattare i mozziconi di sigaretta alla fermata del bus
urbano, a mettere i lucchetti alle nuvole, sottolineando l’orizzonte con un
indelebile nero, ossia a inchiostro permanente – per dipingere le stelle di
nuove prospettive. Coi denti serrati, intoneremo a squarcia gola il nostro Inno
Provinciale. Le occhiaie fungevano da contorno occhi per Alice.
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