La disperazione
tipica dei cacciatori-raccoglitori ci spingeva ad incidere con le unghie smaltate
e coi denti ingialliti i nostri graffiti rupestri dai colori più improbabili,
sui muri della stazione piuttosto che sui vagoni delle diligenze a rotaie –
come moderni primitivi erranti sopra a un deserto di luci e cemento. Ogni
giorno era il far west: gli indiani pellediversa chiusi in riserva; i
cacciatori di taglie fuorilegge tallonavano i pusher che rifornivano gli
sceriffi; i cow boy galoppavo il toro meccanico del luna park. Dio esiste, per
forza; quando detrae l’anima dalla tara. Ricordo di aver raggiunto la maggiore
età troppo presto, in un lago di vomito oltremodo maleodorante. Qui la maturità
si conquista a shortini di vodka alla menta e pugni sugli zigomi.
Effettivamente il mio stomaco riprovevole non era stato adeguatamente informato
mentre, in fondo, i globuli rossi presidiavano l’assedio in maniera stoica. Di
conseguenza, la mia personale ontogenesi è una proiezione della filogenesi del
gruppo. Quando poi la piazzetta s’illuminava di anabbaglianti iniziavano le
dolci stronzate della compagnia. Per cui è ovvio che l’Amicizia è un sentimento
molto più profondo dell’amore (posto che si azzardi a definire l’amore un
sentimento). Monade asseriva già ZZZ prolissi e i tori, che hanno il piercing
al naso, non erano ancora diventati completamente daltonici; in compenso i
pesci rossi del luna park cominciavano a impartire lezioni di retorica. Lo zucchero
filato era filo spinato per i nostri canini arrugginiti. Ma usavamo le tempere
al posto del dentifricio, indi per cui gli apparecchi li mettevano ai nostri
nonni. Ed erano acustici. I più, mi pare, scrivevano ancora “acquerelli” senza
“cq”, di modo che io sono intossicato dalle omeomerie degli evidenziatori e dei
bianchetti che mia madre comperava al discount oltre ferrovia. I treni
raramente sono puntuali, eppure i pendolari continuano a lamentarsi. Il rito di
iniziazione passava ancora per il pungi ball. Le cabine telefoniche erano dei
totem e i capitribù collezionavano carte telefoniche. Avevamo una paura folle
che il fuoco elettrico si spegnesse da un momento all’altro. La linea di
mezzeria serviva da spartiacque sempre che Mosè si decidesse a buttarsi giù
dallo spartitraffico. La calligrafia dell’Immobile risulta pessima, come si può
constatare dall’incomprensibilità fatiscente delle nuvole, che escono dalle
ciminiere della zona industriale. Fortunatamente, temperini d’altri tempi
forgiano ancora in maniera ineluttabile la grafite del vecchio Monade, mentre
la china sdrucciolevole impasta le domande di assunzione al centro per
l’impiego. Alice, il profumo di benzina ti stava benissimo addosso.
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