ABSTRACT
non so più cosa
aspettarmi dal mistero che arrugginisce i miagolii delle finestre corrose dalla
tempesta di erba ma dopotutto il prezioso violino si è fatto più epico e le sue
note marciscono alla vista del tuono così come le ultime onde della marea si
spaccano in un lucente lago di sangue anche se il prezzo della nostra sorte è
rimasto attaccato al colletto del nostro cappotto senza che nessuno ma dico
nessuno provasse almeno a staccarlo perché il giro delle nostre vite era il risvolto
dei loro calzoni a zampa quando gli alieni giravano in jeans e la refurtiva non
era ancora stato sigillata dato che il suono dei nostri clacson rimbombava
nella ztl nonostante il futuro si stesse sfaldando a colpi di cannoni virtuali
e perdite di coscienza improvvise o annunci in presa diretta. il pianto aveva
il gusto della vittoria e il sale si spargeva come un segno di imminente
resa.
ci si potrebbe
aspettare chissà che cosa da un giorno senza luce. il miglior rimpianto del
giorno è quello di una sigaretta lasciata a metà. w la doppia vu[1],
canterà il mio rimorso. i sani collaborano alla redenzione dei malvagi,
persuasi dall’eterno ritorno del diverso. dopotutto il borghese non ha mai
sparato a nessuno. se il vento pregasse sarei soltanto polvere. se il sole
splendesse mi rinchiuderei in una caverna. ma è la pioggia a scaldare gli arti,
affievolita nel suono e nel profumo, che confonde i residui di morte con un
lugubre risveglio posticcio. un aspetto eccessivamente riscoperto della
questione esistenziale è che i topi non si affacciano ancora sulle
problematiche delle trappole. un giorno vi scoprirete inutili, e avrete
finalmente capito il perché.
[1] Non
c’è più nulla da festeggiare – niente per cui valga ancora la pena esclamare
con giubilo ed euforia: «Alleluia», «hurrà», «osanna».
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