In buona fede,
pronunceremo una laudatio funebris
per tutti i gatti investiti sulle corsie di strade provinciali, regionali e
statali. Pregiudizi e compromessi formavano il nostro personale kit di
sopravvivenza provinciale. Le foto le facevamo. Ovviamente non c’era nulla da
fotografare. Cioè le cartoline non le vendevano al bar della stazione. Er aveva
quella polaroid verde acqua. Tra l’altro non mai visto l’acqua di colore verde.
A 7 anni mio padre mi aveva portato al mare. In macchina. Io, mio padre, mia
madre, mio cugino, la morosa di mio cugino. Non mi era piaciuto il mare.
L’acqua era troppo viscosa e decisamente troppo salata. Avevo preferito
starmene in sala giochi, dove c’era un bambino grasso che batteva ogni record a
Pacman. Poi il sole mi aveva ustionato l’epidermide. Da quel giorno siamo
ancora andati ogni tanto al mare. Non con la mia famiglia, chiaramente. Anche
perché, a quanto pare, eravamo costretti
ad andare in ferie la settimana di ferragosto e a frequentare autogrill a
cinque stelle tra un bollino nero e l’altro. Il bollino nero eclissava il
solleone d’agosto. La nostra adolescenza era rigorosamente segnata dal bollino
rosso. Al mare c’erano le cartoline, ma le nostre foto erano indiscutibilmente
più belle. C’era il Luna Park con le montagne russe (chissà come le chiamano i
russi). Per cui ci eravamo ubriacati a ferragosto e Monade vomitava sul sedile
dell’autoscontro in mezzo alla pista. I gettoni li si trovava ancora sotto gli
scalini in ferro, dove la gente si sedeva per aspettare il proprio turno quando
c’era coda. Le pupille catarifrangenti dei gatti sono evidentemente frutto
dell’evoluzione, dal momento che servono per avvisare a distanza gli automobilisti
in marcia su carreggiate poco illuminate. L’arcobaleno Alice l’aveva nell’iride
dell’occhio.
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