domenica 9 giugno 2013

Da manicomio - Impressioni post elezioni

Mi svegliai di buon umore, perché mi attendeva una giornata speciale. Ero infatti pronto a rispondere responsabilmente all'appello della Repubblica Italiana, che mi invita a manifestare il mio diritto/dovere in qualità di cittadino maggiorenne, libero, partecipante alla cosa pubblica. Lo Stato mi chiamava alle urne per esprimere il mio voto che avrebbe contribuito ‒ nel limite del porcellum ‒ a eleggere coloro che mi avrebbero rappresentato nelle istituzioni democratiche del Bel Paese. Mi dirigevo baldanzoso verso la scuola elementare dove era stato allestito il seggio elettorale della circoscrizione cui appartengo. «Documento d'identità? Celo. Tessera elettorale? Celo. Idea su chi votare?...Celo». Passai davanti ai tabelloni riportanti le liste di partito, i canditati alla Camera e al Senato delle varie coalizioni, ma non li degnai di uno sguardo perché avevo bene in mente chi avrebbe ottenuto la mia fiducia. «Buongiorno», dissi al carabiniere. «Il cittadino è legittimato a votare», mi assicurò il giovane scrutatore. E finalmente ero nella cabina. Presi la matita e senza esitazioni apposi la crocetta sul simbolo prescelto. Piegai la scheda (non senza difficoltà, lo ammetto) e con orgoglio la infilai nella fessura dell’apposito scatolone. Ancora una volta avevo manifestato il mio senso civico e, come me, milioni di aventi diritto. Il più era fatto; non restava che aspettare.

Le prime indiscrezioni segnalavano un discreto calo di afflusso alle urne, rispetto alle precedenti elezioni politiche. «Vabbé, qualche migliaia di aventi diritto in meno non cambierà così sostanzialmente l'esito del voto». Nel primo pomeriggio le proiezioni parziali non erano molto confortanti. «Vabbé, ma sono parziali!» Ora dopo ora, gli exit poll disegnavano una situazione sempre più drammatica e, tra gli specialisti negli studi televisivi, aleggiava frequentemente la parola "ingovernabilità"... «Vabbé!».

«Non voglio crederci. Ma come è possibile?? Un'altra volta?! Adesso basta, è uno scandalo, sono indignato, questa volta me ne vado sul serio!!!». Ma improvvisamente uno tsunami di dilemmi mi investe: «Io ho votato correttamente? Il simbolo crocettato era effettivamente quello prescelto?? Ma era a destra o a sinistra, in alto o in basso??? La scheda per il Senato era rosa o gialla?!?». Di colpo vengo risucchiato in una vertiginosa inquietudine: «Lo sapevo, ci sono stati i brogli! Cavolo, avevano anche detto di bagnare la punta della matita!». Non riesco a darmi pace; i dubbi mi assaltano. «Magari ho lasciato scheda bianca senza accorgermene. O forse ho fatto scheda nulla involontariamente... E se invece l'inconscio, proprio al momento di crocettare, mi avesse fatto cambiare idea? Oppure un genio maligno, facendosi beffa del carabiniere e all'insaputa degli scrutatori, si è intrufolato nella cabina impossessandosi del mio corpo da cittadino libero e avente diritto! Ma, dopotutto, sono così sicuro di essere andato a votare? E di essermi effettivamente svegliato questa mattina? E se fosse tutto un incubo?». Forse sono pazzo, da ricoverare in manicomio. E, come me, milioni di cittadini italiani aventi diritto.

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