giovedì 13 giugno 2013

Ermeneutica della Sopravvivenza

La Città dell’uomo è abitale dagli uomini? F. Duque, “Abitare la terra”

Che ne è dell’abitare nella nostra epoca preoccupante? M. Heidegger, “Costruire Abitare Pensare”

«Vi scongiuro, fratelli, rimanete fedeli alla terra!» F. Nietzsche, “Così parlò Zarathustra”


La mia ricerca nasce, principalmente, dall’osservazione di dati puramente sociologici, che concernono il modo con cui gli esseri umani contemporanei vivono la propria epoca storica, filtrati attraverso le intelaiature teoriche di alcuni degli autori classici della filosofia. Pertanto, sebbene l’input della presente trattazione sia sostanzialmente di natura sociologica, gli strumenti e la tipologia dell’analisi sono filosofici, giacché lo studio si avvale soprattutto delle categorie concettuali dei filosofi, applicate, però, alle problematiche sociali del momento, grazie anche all’ausilio di più recenti contributi scientifici in senso stretto, data la natura dell’argomento. In particolare, questa indagine sorge dalla costernazione di fronte all’inettitudine biologica che sembra aver colpito il cittadino di stampo occidentale, incapace, a ben vedere, di intervenire ragionevolmente nel biotopo in cui è inserito, per creare una nicchia ecologica favorevole alla realizzazione del suo costitutivo bisogno di felicità. In realtà, tale inettitudine biologica, come abbiamo cercato di mostrare nelle seguenti pagine, è il risultato di un certo modo di intendere il sapere e, dunque, di un determinato tipo di pensiero meta-fisico, che noi chiamiamo “dotta ignoranza”. Di conseguenza, l’obiettivo della qui presente dissertazione è, da un lato, decifrare criticamente – fin dove è possibile – il senso e le contraddizioni dell’attuale società dei consumi, per captare il paradigma epistemologico a essa soggiacente; dall’altro lato, riproporre un modello alternativo di pensiero, capace di coordinare un insieme di pratiche quotidiane (faccende domestiche, vedremo il perché) che formino, a loro volta, un’etica dell’abitare. Da ciò deriva la necessità di una Ermeneutica della Sopravvivenza che, da una parte, significa strumento teorico per comprendere il presente o metodo d’indagine atto a interpretare il mondo odierno, individuarne i fenomeni preminenti e anche gli aspetti irrazionali; dall’altra parte, l’espressione indica una sorta di bussola etica che orienti l’uomo nel proprio mondo-ambiente, ovvero una strategia funzionale alla salvaguardia di una vita autenticamente umana all’interno del suo ecosistema – un habitus per il proprio habitat. Il programma dell’argomentazione si divide, perciò, in una pars destruens, che corrisponde alla prima sezione del lavoro, concepita alla stregua di una disamina fenomenologica e ontologica dello status quo e, inoltre, in una pars construens, dove si ricerca un saper-fare originariamente ecosofico che, secondo la nostra umile proposta, sarebbe ancora radicato nel fertile campo della filosofia contadina. In ogni caso, il fine ultimo della trattazione resta il tentativo di riscoprire un’etica eudemonista che abbia a cuore, innanzitutto, la felicità degli uomini e, quindi, anche la tutela dell’ambiente in cui essi vivono, in quanto essa rappresenta, a ben vedere, un atteggiamento tipicamente umanista: prendersi cura della natura è forse la stella polare della cultura antropocentrica, poiché l’ecosofia pone al centro del suo agire il ben-essere dell’umanità. In questo senso, l’ecologia rimane un umanesimo.

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