Dopo essere stati
testimoni in prima persona della ferrea determinazione patriottistica, o assurda
convinzione di autodistruggersi, dei terroristi islamici e
dei kamikaze giapponesi, peccatori che occupano la zona a loro riservata del
VII cerchio, sede eterna dei suicidi e degli scialacquatori, io e il mio
maestro William Wallace stiamo per accedere nel successivo girone del labirinto
pietoso. Questa è la tappa che precede l’incontro con coloro che si sono
macchiati di “crimini contro l’ umanità” la cui pena, già in parte accennatami
da alcuni personaggi durate il viaggio, non vedo l’ora di conoscere, poiché è
la mia rabbia che mi conduce da loro.
Ma ora ci troviamo al cospetto
degli assuefatti. Codesti in vita si dedicarono ad abitudini poco decorose,
furono dipendenti dall’alcool e dalla droga, vennero definiti dalla gente
comune “ubriaconi” e “bucati”. Essi, dopo esser entrati in questo mondo
altalenante tra stati di euforia e conseguenti stati depressivi, rare vote
riuscirono ad uscire da quell’ universo parallelo.
Lo spettacolo che appare
davanti ai nostri occhi è patetico: un lunghissimo tunnel scuro, al cui interno
sono racchiusi in gabbia, come bestie, i peccatori. Maestro Wallace scuote
lentamente la testa e compie pochi passi prima di accorgersi che io sono ancora
impietrito davanti a quella galleria degli orrori. Allora torna sui suoi passi,
mi afferra una mano per poi condurmi più vicino al tunnel. Da qui riesco a
riconoscere tre peccatori: la prima è Kate Moss, modella di fama mondiale, sulla
quale però circolarono più voci riguardo i suoi continui scandali per consumo
di cocaina, che a proposito delle sue apparizioni sulla passerella. Gli altri
due sono rinchiusi entrambi nella stessa gabbia, in quanto accomunati dalla medesima
professione. Essi sono George Best, “stupefacente” ala destra del Manchester
United e della nazionale inglese degli anni ’70; e quell’argentino che
possedeva, come si diceva allora, “la
mano di Dio” e che fu più volte appellato come il miglior calciatore di tutti i
tempi. Li osservo attentamente perché tutti hanno uno strano comportamento.
Sembra infatti che la Moss
tenti di sniffare col naso qualche cosa di cui però non riesco a vedere la
consistenza, mentre gli altri due agiscono come se stessero fumando, portando
il dito medio e l’indice alla bocca e aspirando con arroganza. “Forse non sono
in grado di notare quello che assumono
in quanto essere mortale” mi domando. E perciò rivolgo lo stesso
interrogativo al maestro Wallace, che mi risponde: “Tranquillo, ragazzo, tu non
riesci a scorgere ciò perché davvero loro non assumono nulla che abbia reale
consistenza. Infatti, dal momento che in vita si somministrarono sostanze,
liquide o solide, che producevano modificazioni psichiche, qui sono costretti
per l’eternità ad essere dipendenti di aria soltanto. Pensano di non averne mai
a sufficienza e dunque continuano ad assuefarsi di aria, dato che è il loro corpo
che li induce avidamente ad assumerne in quantità sempre maggiori, anche se di
fatto non subiscono alcuna alterazione o eccitamento”. Grazie alle parole del
maestro scozzese riesco così ad intendere il significato simbolico delle
gabbie: durante la vita terrena tramite i loro vizi non virtuosi evadevano
mentalmente, mentre ora sono obbligati a rimanere all’interno delle loro ferree
prigioni.
Costeggiamo il tunnel che
pare quasi infinito, senza entrare all’interno, ma osservando uno per uno i
condannati attraverso strette feritoie. Dopo una lunghissima serie di
individui, di cui ricordo solamente pochi nomi, tra cui Lapo Elkan, sulla cui
gabbia vi è incisa la curiosa frase “abbandonata con fatica la brutta
abitudine”, mi arresto per un lasso di tempo maggiore, quando noto tre
personaggi, i quali, con tutti i loro difetti, furono tre straordinari fenomeni
nel campo delle sette note, di cui io fui nell’adolescenza un devoto ammiratore
per la loro incredibile abilità artistica e per la capacità fuori dal comune di
comunicare alla gente. All’interno della medesima galera sono puniti Jimi Hendrix,
Jim Morrison e Kurt Cobain. Il primo fu un formidabile chitarrista, gli altri
due emblematici leaders delle loro band, rispettivamente “The Doors” e
“Nirvana”. Nacquero e crebbero in contesti difficili, arrivarono a toccare il
culmine dell’estremo successo per sprofondare di nuovo nel nulla. Non si
accorgono nemmeno del nostro passaggio, intenti a “pseudo-iniettarsi”dell’aria
nelle vene con una siringa che solo la loro mente aliena può immaginare. Vorrei
dare il via ad una conversazione con i tre musicisti, ma pare che la gola si
sia temporaneamente immobilizzata e con lei le corde vocali.
Allora raggiungo il mio
duca con innumerevoli pensieri nella testa che mi trattengono dal pronunciare
parola. E quando vedo un polveroso
sentiero alla mia destra faccio cenno allo scozzese di imboccarlo, nonostante la
triste galleria prosegua ancora, tanto che non sono in grado di scorgerne la fine. Ma sono stanco e
confuso. All’ingresso della stradina noto poi un cartello stradale: dice “lavori
in corso” e raffigura il disegno di un progetto per la creazione di una nuova
ala del tunnel. Il maestro annuisce, e in
un assordante silenzio ci avviamo al girone successivo.
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