Che ne è dell’abitare nella nostra epoca preoccupante? M. Heidegger, “Costruire Abitare Pensare”
«Vi scongiuro, fratelli, rimanete fedeli alla terra!» F. Nietzsche, “Così parlò Zarathustra”
La mia ricerca nasce,
principalmente, dall’osservazione di dati puramente sociologici, che concernono
il modo con cui gli esseri umani contemporanei vivono la propria epoca storica,
filtrati attraverso le intelaiature teoriche di alcuni degli autori classici
della filosofia. Pertanto, sebbene l’input della presente trattazione sia
sostanzialmente di natura sociologica, gli strumenti e la tipologia
dell’analisi sono filosofici, giacché lo studio si avvale soprattutto delle
categorie concettuali dei filosofi, applicate, però, alle problematiche sociali
del momento, grazie anche all’ausilio di più recenti contributi scientifici in
senso stretto, data la natura dell’argomento. In particolare, questa indagine
sorge dalla costernazione di fronte all’inettitudine biologica che sembra aver
colpito il cittadino di stampo occidentale, incapace, a ben vedere, di
intervenire ragionevolmente nel biotopo in cui è inserito, per creare una
nicchia ecologica favorevole alla realizzazione del suo costitutivo bisogno di felicità.
In realtà, tale inettitudine biologica, come abbiamo cercato di mostrare nelle
seguenti pagine, è il risultato di un certo modo di intendere il sapere e,
dunque, di un determinato tipo di pensiero meta-fisico, che noi chiamiamo
“dotta ignoranza”. Di conseguenza, l’obiettivo della qui presente dissertazione
è, da un lato, decifrare criticamente – fin dove è possibile – il senso e le
contraddizioni dell’attuale società dei consumi, per captare il paradigma
epistemologico a essa soggiacente; dall’altro lato, riproporre un modello
alternativo di pensiero, capace di coordinare un insieme di pratiche quotidiane
(faccende domestiche, vedremo il perché) che formino, a loro volta, un’etica dell’abitare.
Da ciò deriva la necessità di una Ermeneutica della Sopravvivenza che,
da una parte, significa strumento teorico per comprendere il presente o metodo
d’indagine atto a interpretare il mondo odierno, individuarne i fenomeni
preminenti e anche gli aspetti irrazionali; dall’altra parte, l’espressione
indica una sorta di bussola etica che orienti l’uomo nel proprio mondo-ambiente,
ovvero una strategia funzionale alla salvaguardia di una vita autenticamente
umana all’interno del suo ecosistema –
un habitus per il proprio habitat. Il programma dell’argomentazione si
divide, perciò, in una pars destruens,
che corrisponde alla prima sezione del lavoro, concepita alla stregua di una
disamina fenomenologica e ontologica dello status quo e, inoltre, in una pars construens, dove si ricerca
un saper-fare originariamente ecosofico che, secondo la nostra umile
proposta, sarebbe ancora radicato nel fertile campo della filosofia contadina. In
ogni caso, il fine ultimo della trattazione resta il
tentativo di riscoprire un’etica eudemonista che abbia a cuore, innanzitutto, la
felicità degli uomini e, quindi, anche la tutela dell’ambiente in cui essi
vivono, in quanto essa rappresenta, a ben vedere, un atteggiamento tipicamente
umanista: prendersi cura della natura è forse la stella polare della cultura
antropocentrica, poiché l’ecosofia pone al centro del suo agire il ben-essere
dell’umanità. In questo senso, l’ecologia rimane un umanesimo.
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