Ci si chiede
come mai gli Stati Uniti non abbiano conosciuto direttamente un dittatore, un regime
politico autoritario, un totalitarismo e che non ne abbiano, perciò, subito le conseguenze
sulla propria pelle. Al contrario, essi sono stati l’antidoto che,
congiuntamente ad alcuni fondamentali anticorpi locali, ha contribuito a
debellare la piaga del fascismo e del nazismo, rispettivamente in Italia e in
Germania. Subito dopo, il liberalismo americano ha avversato il contagio
infettivo del virus comunista, estirpando sul nascere il rischio epidemia
sovietico. Nel momento in cui in Europa si marciava su Roma e si stilava il Mein
Kampf, proprio quando in Oriente nascevano o degeneravano i partiti
comunisti, in America in faccia al proibizionismo ruggivano il jazz, Topolino e
le suffragette, almeno fino alla Grande Depressione del ’29. In compenso, là è
germogliata e si è instaurata una tirannia di altro tipo, ma anch’essa subdola,
dispotica e liberticida, ovvero quella che Pier Paolo Pasolini negli Scritti
Corsari chiama «fascismo dei consumi».
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