Un'opera ricca e coraggiosa -
degna di un movie hollywoodiano (non a caso è prodotto dalla Fox). Michele
Placido si conferma una volta di più un cineasta formidabile, capace di guidare
un Kim Rossi Stuart formidabile, il quale indossa la maschera del noto criminale (ripeto criminale)
milanese con una plasticità mostruosa. Spiego il senso della parentesi: il film
è stato malmenato violentemente dalla critica e dal mondo dello spettacolo in
generale; accusato di mitizzare un delinquente, presentandolo come un eroe
bello e affascinante con «il lato oscuro un po’ pronunciato»; imputato,
insomma, di apologia di reato. Ma come è possibile che non si è
ancora in grado di giudicare separatamente estetica e morale - distinguere un
opera d’arte da un fatto di cronaca? Il film è immorale in quanto fotografa una galleria di personaggi
terrificanti, privi di scrupoli e assolutamente riprovevoli - nessuno si salva
da un giudizio esterno al set. Il racconto è per nulla edificante, ma non per
questo è amorale. La storia - dissoluta, scostumata, violenta,
cattiva, passionale, drammatica (cinematografica) - è perfetta per costruirci
un lungometraggio intenso e paralizzante, che ti inchioda alla poltroncina e ti
tiene le pupille sgranate. Se a qualche malintenzionato una tale catarsi spirituale
detta la brama di emulare le “gesta” di un malvivente (vivere male, male di
vivere) come fu “il bel Renè”, beh, credo proprio che il suddetto ignorante
abbia bisogno di una catarsi clinica e psichiatrica alquanto intensiva. Siamo
alla messa all'Indice, ovvero al medioevo - censurare l’arte è criminale! Una
nota per le vittime e per i famigliari delle vittime degli efferati crimini compiuti
da Vallanzasca e dai suoi complici: è impossibile (anche solo immaginare)
provare sulla pelle e sotto di essa il dolore atroce che tali ingiustizie hanno
provocato, quando queste non sono state effettivamente subite. E’ altrettanto
impossibile sentire ciò che la visione di questo film può produrre. Perciò mi
astengo da qualsiasi considerazione a riguardo, nel più assoluto e luttuoso
rispetto. Penso, tuttavia, che un cinema di questo tipo serva proprio a
perpetuare la memoria delle persone colpite da eventi così lugubri e
sconvolgenti, ricordando un pezzo di storia nera del nostro Paese.
Tornando all'analisi: i dialoghi,
di un realismo crudo e a tratti comico, sono stupefacenti e tutti gli attori
(magnifici Filippo Timi e Valeria Solarino) si dimostrano decisamente
all'altezza della recitazione. La violenza delle scene è cruda ed esasperata,
per quanto, purtroppo, assai fedele alla realtà: si ritrova il sangue di
“Romanzo Criminale” e le ecchimosi di “Arancia Meccanica”.
La pellicola solleva questioni
profonde, tra cui il mito di un successo facile e distruttivo, gli errori e
l’incapacità delle forze dell’ordine in un passato non troppo lontano, la
violenza famigliare e una pedagogia fallimentare, l’invadenza sconsiderata dei
media e la società dello spettacolo.
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