Fin da subito, è
necessario chiarire che non sono uno storico della settima arte e nemmeno un
critico cinematografico; quelle che seguono, perciò, non sono recensioni di
film né schede analitiche circa la regia, la fotografia, i costumi, le colonne
sonore, le tecniche in fase di montaggio, le prestazioni degli attori, le
curiosità sulla produzione o il successo ai botteghini di una pellicola. In
breve, non è un libro per esperti di cinema o scienziati del settore. Al
contrario, è una raccolta di testi sui film che, per un motivo o per l’altro,
hanno suscitato in me un qualche particolare interesse, facendo scattare delle
riflessioni più o meno interessanti dopo alla loro disinteressata visione.
D’altronde, qui sta la differenza tra un critico cinematografico e un semplice
appassionato di cinema. Il primo, precedentemente alla visione di un film,
parte già con l’idea che in seguito dovrà, per lavoro, svolgere una scheda di
analisi su esso, concentrandosi su tutti gli elementi che compongono l’opera in
maniera dettagliata e per quanto possibile oggettiva. Invece, il secondo, ossia
il cinofilo, si appresta a vedere un film in modo molto più spensierato, come
un’attività quotidiana o un passatempo assimilabile alla lettura di un libro o
all’ascolto di un disco. Dopodiché, tutto ciò che seguirà, ovvero le opinioni
da cineforum e i commenti a caldo, sarà oro colato, uno sbocco inaspettato che
sgorga dopo al flusso di fotogrammi proiettati sullo schermo. Da questa
basilare differenza tra il “filmologo” (dal greco logos deriva la disciplina “logica”) e lo studioso di cinema (studium in latino significa “passione”)
segue un’altra differenza, per così dire, di metodo. Infatti, mentre il primo è
costretto, come ogni specialista di un determinato settore, a trattare
l’oggetto della propria indagine in maniera informata, precisa, fondata,
affinché possa offrire una descrizione coerente al massimo grado; il secondo
non ha alcun obbligo nei confronti del film che andrà a godersi, per il
semplice piacere di farlo. Tuttavia, questo apparente distacco intellettuale
del cinofilo nei riguardi dell’opera cinematografica, non implica una
trascuratezza, bensì un approccio più libero e, appunto, appassionato.
Ciò non significa affatto pretendere
di prendere il posto agli esperti del settore per “rubargli il lavoro”. Inoltre,
il nostro umile mestiere non vuol dire nemmeno reputarsi “migliore”, cioè
maggiormente prolifico o appassionato della professione di un maestro di cinema.
Semplicemente, facciamo due lavori diversi: il filmologo esamina secondo regole
e letteratura ben definite, mentre il cinofilo guarda, riflette lo schermo
nella propria mente, soprattutto grazie alle emozioni che l’opera è stata in
grado di far scaturire e, infine, si lascia guidare dalle associazioni più o
meno pertinenti che seguono, avvalendosi della sua assai modesta, anarchica e
disordinata procedura critica. In altre parole, le nostre riflessioni lasciano che le opere, per così
dire, parlino da sé, e seguano il proprio percorso culturale andando a
intrecciarsi con la cultura che già possediamo.
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