Entro nel
megastore di un noto marchio di confetti di cioccolato, dove la vendita dei
dolciumi è l’ultima preoccupazione dei commessi. Infatti, si smerciano gadget
di ogni tipo, riferiti alla coppia di bonbon che sponsorizza la casa produttrice,
umanizzati per la causa con tanto di occhi, ciglia, bocca, voce, braccia, mani,
guanti, gambe e persino scarpe da ginnastica. All’interno della bottega, tutto ‒
ma dico tutto ‒ è marchiato con le due iniziali dell’etichetta. Che
distribuisce
cioccolatini colorati. Salgo al piano superiore e capisco
di trovarmi nel paese di cuccagna, quando i miei occhi sono incantati da una
parete senza fine, composta da tubi trasparenti stracolmi di confetti, disposti
secondo una minuziosa scala cromatica a sfumare. Ogni volta che un cliente
spilla la quantità di prodotto che più gli aggrada, dall’alto del tubo
magicamente ne scende altro, cosicché regni l’abbondanza e l’opulenza; basta
azionare lo spillatore con una leggera pressione del pollice e una cascata di
dolcetti pitturati trabocca nel proprio shopper.
I tombini che fumano forse stanno
per scoppiare.
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Fotografia di Federica Boffa |
Per un europeo
cresciuto, secondo i riti di una famiglia di origini marcatamente contadine,
con un certo riguardo per il momento del pasto, balza subito all’occhio la
diffusa trascuratezza nei confronti del cibo dell’americano medio. Ne sono una
prova la bancarelle ambulanti a ogni crocicchio, o i
fast food attivi 24
ore su
24. In
particolare, mi colpisce il fatto che, nella maggioranza dei casi, gli abitanti
di New York non si riservino ore-pasti definite, dal momento che mangiano cosa
capita in qualunque periodo del giorno e della notte, a seconda dei borborigmi
dello stomaco. Il cibo è spesso un optional di sostentamento, slegato dai
concetti di cucina, dieta e nutrizione in vista della mansioni della giornata.
Mi viene da immaginare che, probabilmente, mai nessun ragazzino nuovaiorchese
abbia disobbedito ai ripetuti richiami della mamma la quale, affacciata alla
finestra, invocava a gran voce, per l’ennesima volta: «Il pranzo è pronto!!!».
Il contraltare della situazione gastronomica appena descritta sono i numerosi
ristoranti italiani, cinesi, giapponesi, polacchi, messicani, dove l’arte
culinaria è professata in modo eccellente e con attenzione solenne. Sarebbe
anche interessante conoscere dettagliatamente l’impatto ambientale, in termini
di emissioni di CO2, che produce il consumo di carne bovina dei cittadini
nordamericani.
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