Nonostante il
tema affrontato sia, per sua natura, un po’ sfuggevole, il vecchio Clint riesce
ancora una volta a fare del cinema in grande raccontando, come solo i grandi
cineasti sanno, un evento della Storia contemporanea di ampio respiro che
s’intreccia, però, con le piccole storie dei protagonisti, realizzando, così,
un affascinante mosaico composto di tante piccole tessere private. Il fatto
storico è lo tsunami che ha colpito le coste asiatiche nel 2009 (?) e le
vicende sono quelle che toccano gli individui nel corso della loro esistenza e
che la sociologia cerca di interpretare avvalendosi di dati e statistiche, come
la crisi finanziaria del 2008 o la piaga dell’alcolismo. Perché trattare l’aldilà
mediante il medium cinematografico? Prima di tutto perché è un tema
antropologico per eccellenza, giacché ogni civiltà si è interrogata sulla
possibile vita oltre la morte; in secondo luogo, l’esigenza è legata alla
biografia del regista, poiché si avvicina al fatto biologico irreversibile. Le
scene iniziali sullo tsunami sono terribilmente spettacolari: un’ondata d’urto
che s’infrange sullo schermo investendo la vista e, forse, anche la sua
coscienza del cittadino occidentale, spesso mero turista dei luoghi esotici dei
paesi sottosviluppati ma costretto, come i protagonisti della vicenda, ad
assistere in presa diretta alla strage civile, come un testimone in prima
persona dei drammi quotidiani che questi paesi affrontano lontano dalle
cineprese televisive. Inquadrature da urlo e da brivido che colpiscono e fanno
riflettere anche sull’impotenza umana nei confronti delle forze della natura o
sulla sua imprudenza nell’abitare la Terra.
Per quanto riguarda la questione dell’aldilà, Clint si
dimostra un ottimo eclettico diplomatico, raccogliendo le principali posizioni
teoriche sull’argomento: lo scettico, il credente, l’imbroglione, ecc. «Pongo
domande senza dare risposta»: in questo senso è molto vicino al «retto e
genuino domandare» del pensiero instancabilmente viatico di Martin Heidegger.
In un’epoca come la nostra, in cui tutti si sentono in diritto e in dovere, di
offrire dei punti fermi inderogabili, è necessario imparare nuovamente a
riflettere, sollevando questioni e punti interrogativi.
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