Tra favola e documentario, tratto
da un racconto di Dino Buzzati. Un film d’animazione recitato però da attori in
carne d’ossa, vale a dire uomini, piante e animali. In realtà, il film è meno
fantastico di quanto si possa pensare, dal momento che tratta temi molto
concreti e attuali più che mai: la difesa dell’ambiente, la salvaguardia degli
ecosistemi, la deforestazione selvaggia ecc. Inoltre sono messe in rilievo anche
questioni più antropologiche, cioè che
interessano l’essere umano più da vicino (come se la tutela del patrimonio
naturale non fosse già abbastanza antropologica…), vale a dire la solitudine
(di un colonnello in congedo, isolato in una casa in montagna ereditata da uno
zio mancato, infestata dai rintocchi martellanti degli orologi - leggi il lento
scorrere del tempo quando non si ha più molto da fare: il tempo si sente); il cinismo (di un ex militare
condannato alla normale ruotine che mostra alla comunità la sua superficiale
malvagità); la megalomania (degli uomini di un certo prestigio che sentono
l’esigenza di incidere la propria epoca - non sono stati in grado di farlo
prima- così da essere ricordati dai posteri) ecc.
Mastro Olmi, alla stregua di un
vero e proprio Geppetto, intaglia una pellicola poetica, raffinata, curata nei
minimi dettagli; a colpi di pialla cesella l’opera di Buzzati per intarsiare
una pellicola di delicata fattura. Come un saggio nonno di montagna dirige
passo dopo passo Paolo Villaggio, in una inedita (inadatta?) veste drammatica,
e orchestra tutto il Bosco Vecchio (bestie, alberi, agenti atmosferici) con
risultati stupefacenti, degni di un National Geographic. Gli esterni sono
sublimi e fiabeschi, ripresi con maniacale abilità.
A mio parere, l’esito più
coinvolgente a cui arriva il lungometraggio è proprio la visualizzazione
dell’intimo rapporto che si instaura tra uomo e natura: un connubio equilibrato
e viscerale, tipico della gente di montagna, in cui giunge anche l’eco di un
Pavese o le la voce di un Nuto Revelli. Il Bosco Vecchio, metafora di Gaia, è
popolato (magicamente?) da fiere e tronchi parlanti, Geni misteriosi; i venti
hanno un nome e provano emozioni. Insomma, il Bosco Vecchio rappresenta un
luogo autentico, ancora intaccato dalla brutalità di certi uomini, in cui ogni
creatura interagisce e comunica con le altre e il cui destino è inesorabilmente
intrecciato col Tutto.
Sapienza popolare e miti arcaici
si mischiano per dare vita a una storia d’altri tempi che però torna fatalmente
utile per il presente e per il futuro. Difetti: troppo lungo fino a scolorire
nel finale; la qualità audio è pessima -
siamo nel 1993.
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