Un film che
dimostra come si possa parlare di politica con ironia e leggerezza, lontano dai
discorsi boriosi e parossistici degli scranni del Palazzo e, inoltre, di come
si possa fare politica anche senza possedere una tessera di partito. E’ una
pellicola ovviamente politica, anche se quest’ultima funge più che altro da
cornice che da tema principale. Molta più attenzione, infatti, è rivolta al
rapporto di amore/odio tra i due fratelli protagonisti e alle loro storie
d’amore. In aggiunta, è anche un lungometraggio storico, perché racconta un
pezzo della storia italiana, ovvero il periodo che va dal 1962 al 1975, l’epoca
caratterizzata dai conflitti tra i rossi e i neri, dal sangue delle brigate rosse,
dalla rivoluzione giovanile, ecc. L’elemento maggiormente significativo,
secondo me, è il costante riferimento agli ultimi,
ossia coloro che non appartengono ad alcun partito politico in senso stretto,
carne da campagna elettorale, e che quasi sempre sono ignorati dalla classe
dirigente. La famiglia su cui ruota l’intera vicenda, è tenuta insieme proprio
dal fatto di appartenere alla classe degli ultimi. I genitori sono
democristiani o, comunque, riconducibili all’area cattolica conservatrice, la
figlia e il fratello Manrico sono comunisti, mentre Accio è inizialmente
fascista, anche se poi si “convertirà” anch’egli al comunismo. Un’opera in ogni
caso contro l’alta politica.
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