venerdì 31 maggio 2013

Digressione soggettiva sul successo

Ovvio che il successo mi interessa! E spero che questo testo abbia successo. Quando un personaggio pubblico dichiara che il successo è l’ultimo dei suoi obiettivi, mente spudoratamente. Ma, soprattutto, egli confessa di non credere veramente nel lavoro che fa, palesando la sua incoerenza. Perché, se una persona tiene davvero alle proprie iniziative e, inoltre, pensa che le sue opere valgano qualcosa, allora dovrebbe cercare con tutti i mezzi a disposizione di divulgare le proprie idee al numero maggiore di pubblico. Se uno è convinto di essere nel giusto e vuole che anche gli altri si avvicinino un poco alla personale versione della verità, non può che desiderare il successo. In caso contrario, o sa di trovarsi nel torto o dimostra di non curarsi della verità. Certo, resta la questione del deragliamento del successo, ossia di quando non sei tu a inseguire lui, ma il contrario. In questo caso, il successo non è più un mezzo, bensì un fine che, in aggiunta, apre la via ad altri benefici i quali, però, nulla hanno a che vedere con la diffusione delle proprie convinzioni veritative. Resta, in aggiunta, il problema di non lasciarsi assecondare dai gusti del grande pubblico, ovvero di non accodarsi pedantemente alle richieste della massa, alle pretese della maggioranza ma, viceversa, insistere sulle proprie convinzioni affinché sia possibile, per così dire, convertire il mainstream. In un certo senso, la popolarità è, per un personaggio pubblico, uno strumento lubrificato che serve per diramare efficacemente un determinato messaggio. Il problema sorge nel momento in cui lo scopo della fama è la fama stessa. Tuttavia, oltre al successo, quali altri metodi conoscete per fare presa sulla gente? Anzi, in qualche modo reputo la vita e l’uomo di successo, rispettivamente, un sacrificio per il bene della collettività e un martire per la causa della verità. Poiché il segreto della felicità personale non sta nella popolarità, bensì nell’accogliente intimità di un’esistenza appartata, lontana dai riflettori, dietro alle quinte, distante dalle critiche e dai panegirici ipocriti. Non a caso Epicuro, come cura per la felicità personale, prescriveva ai suoi discepoli il seguente consiglio medico: "Vivi nascosto!". Per certi versi, è più facile nascondersi dal trambusto della scena pubblica, nella stanza privata dei cari affetti, come su di un isola beata o sulla vetta cheta e lieta di un monte solitario. Altra cosa è gettarsi nella mischia dei megafoni, nella bolgia degli annunci, nella baraonda dei giudizi, per affrontare in prima persona gli avversari del bene, lottare con impegno contro al silenzio del male e, infine, vincere l’aurea cintura della verità. Ma il successo non è certo un ingrediente indicato dalla ricetta della felicità personale. A questo proposito, si veda anche Naufragio con spettatore: paradigma di una metafora dell'esistenza, trad. it. di Francesca Rigotti, Bologna: il Mulino, 2001

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