venerdì 31 maggio 2013

Uno gli amici non può mica sceglierseli


Gli amici sono quelli che ci sono, non quelli che si scelgono. Prima di partire passo a salutare alcuni amici, nella consueta vineria dove solitamente ci troviamo nelle nostre serate provinciali. Come d’abitudine, si chiacchiera del più e del meno, in quella tana i cui odori ci appaiono a volte nauseabondi, tanto li abbiamo respirati. I cui medesimi clienti ci sembrano talmente assidui da risultare invadenti, quasi facenti parte dell’arredamento interno, alla stregua di un prolungamento delle sedie o del bancone. E spesso ci lamentiamo della monotonia del locale, stufi delle stesse atmosfere che, oltretutto, nulla hanno a che vedere con le immagini vintage di un bar margherita o di un bar mario post-sessantottino. A tanti, dopo l’ennesima convocazione «21:30 in vineria», mossi dall’aspirazione di una radicale svolta esistenziale, sarà venuto il desiderio, a metà strada tra la rivincita sulla routine e la voglia di dimostrare agli altri che se ne può tranquillamente fare a meno, di rispondere «Non ci sono. Per un bel po’...». Salvo poi reciprocamente rivederci, puntuali, sbucare all’angolo del viottolo e dirigersi, con lo guardo puntato sulla strada, verso l’uscio del nostro rifugio antiatomico.

            Informo loro sui dati del volo e sulle ultime novità circa il mio viaggio, tra calcoli del fuso orario e conversioni euro/dollaro. Dopodiché, è giunta l’ora di congedarmi e, molto stranamente, durante il commiato, i miei amici già mi mancano. Abbastanza inspiegabilmente ‒ dopotutto, sto per andare al centro del mondo! ‒, provo una certa invidia per la serata (certamente mediocre) che trascorreranno senza di me, cosicché una lieve riottosità a partire, causata dalla nostalgia di casa (seppur ancora in casa...), mi infastidisce.

            Sull’aereo realizzo che uno gli amici non se li può mica scegliere. Perché sono come il proprio nome e il proprio cognome, come il luogo d’origine e il giorno di nascita, come il codice fiscale e il colore della pelle. Anzi, gli amici sono una sorta di seconda pelle, che cresce insieme a noi con le cicatrici, i lividi e le carezze che la vita ci riserva. Quelli che chiamiamo “migliori amici”, in realtà, non hanno nulla di particolarmente migliore rispetto agli altri conoscenti. Semplicemente, sono stati più presenti (fisicamente o in senso lato) durante la nostra vita ‒ una pelle più aderente. Da ciò ne deriva che gli amici non sono giusti né sbagliati, né buoni né cattivi; come le nuvole del cielo, sono. Nonostante questo, sappiamo benissimo che le nuvole vanno e vengono, cambiano forma e ‒ qualcuna anche prima del previsto ‒ spariscono. Allo stesso modo, la pelle col passare del tempo si squama, si trasforma e, una volta morta, cade. Ovviamente, noi possiamo intervenire attivamente in questo naturale processo biologico, decidendo di avere cura della nostra epidermide rigenerando i tessuti, oppure accelerando il loro decadimento per disfarcene volontariamente. Ma, prima della presa di consapevolezza, prima dei giudizi morali, con gli amici dobbiamo necessariamente conviverci, che ci piaccia o meno.

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