giovedì 30 maggio 2013

“Il segreto del bosco vecchio” di Ermanno Olmi

Tra favola e documentario, tratto da un racconto di Dino Buzzati. Un film d’animazione recitato però da attori in carne d’ossa, vale a dire uomini, piante e animali. In realtà, il film è meno fantastico di quanto si possa pensare, dal momento che tratta temi molto concreti e attuali più che mai: la difesa dell’ambiente, la salvaguardia degli ecosistemi, la deforestazione selvaggia ecc. Inoltre sono messe in rilievo anche questioni  più antropologiche, cioè che interessano l’essere umano più da vicino (come se la tutela del patrimonio naturale non fosse già abbastanza antropologica…), vale a dire la solitudine (di un colonnello in congedo, isolato in una casa in montagna ereditata da uno zio mancato, infestata dai rintocchi martellanti degli orologi - leggi il lento scorrere del tempo quando non si ha più molto da fare: il tempo si sente); il cinismo (di un ex militare condannato alla normale ruotine che mostra alla comunità la sua superficiale malvagità); la megalomania (degli uomini di un certo prestigio che sentono l’esigenza di incidere la propria epoca - non sono stati in grado di farlo prima- così da essere ricordati dai posteri) ecc.
Mastro Olmi, alla stregua di un vero e proprio Geppetto, intaglia una pellicola poetica, raffinata, curata nei minimi dettagli; a colpi di pialla cesella l’opera di Buzzati per intarsiare una pellicola di delicata fattura. Come un saggio nonno di montagna dirige passo dopo passo Paolo Villaggio, in una inedita (inadatta?) veste drammatica, e orchestra tutto il Bosco Vecchio (bestie, alberi, agenti atmosferici) con risultati stupefacenti, degni di un National Geographic. Gli esterni sono sublimi e fiabeschi, ripresi con maniacale abilità.
A mio parere, l’esito più coinvolgente a cui arriva il lungometraggio è proprio la visualizzazione dell’intimo rapporto che si instaura tra uomo e natura: un connubio equilibrato e viscerale, tipico della gente di montagna, in cui giunge anche l’eco di un Pavese o le la voce di un Nuto Revelli. Il Bosco Vecchio, metafora di Gaia, è popolato (magicamente?) da fiere e tronchi parlanti, Geni misteriosi; i venti hanno un nome e provano emozioni. Insomma, il Bosco Vecchio rappresenta un luogo autentico, ancora intaccato dalla brutalità di certi uomini, in cui ogni creatura interagisce e comunica con le altre e il cui destino è inesorabilmente intrecciato col Tutto.

Sapienza popolare e miti arcaici si mischiano per dare vita a una storia d’altri tempi che però torna fatalmente utile per il presente e per il futuro. Difetti: troppo lungo fino a scolorire nel finale; la qualità audio è pessima  - siamo nel 1993.

Nessun commento:

Posta un commento