venerdì 31 maggio 2013

"Shame on you!"

In una piazzola davanti a Central Park un piccolo gruppo di manifestanti (per lo più anziane signore) nitrisce a gran voce ogni volta che passa una carrozza trainata da un cavallo, ingaggiato per portare i turisti a spasso per il parco. Le contestatrici tengono in mano gigantografie illustranti le condizioni brutali ‒ ferite da taglio, infortuni alle articolazioni, infezioni ecc. ‒ a cui le bestie sarebbero sottoposte dai loro padroni, assolutamente incuranti della loro salute. Inoltre, agitano cartelloni scritti a mano, per denunciare lo sfruttamento che gli animali sono costretti a subire, alla stregua di un’attrazione circense. Nonostante le grida e gli insulti, i cocchieri continuano a sfilare impassibili e, quando transitano dinnanzi agli attivisti, sorridono bellamente al fine di rassicurare qualche turista leggermente preoccupato. A questo punto i dimostranti digrignano i denti e, con la bava alla bocca, scandiscono il seguente coro di protesta: «Shame on you! Shame on you!». A ben vedere, questo slogan, lanciato contro un bersaglio particolare in un’occasione specifica, in realtà potrebbe rappresentare il marchio di infamia da estendere su molti aspetti riprovevoli (alcuni dei quali trattai anche in questa sede) che gli U.S.A., consapevoli o meno, incrementano emblematicamente. In altri termini, per un viaggiatore particolarmente sensibile ai temi morali e ambientali del proprio tempo, connessi, ad esempio, al maltrattamento animale, alle emissioni di CO2 responsabili del riscaldamento climatico mondiale, allo sfruttamento di risorse e forza lavoro del Terzo Mondo, alle disumane operazioni belliche nei paesi poveri per l’accaparramento di carbon-fossile, il sentimento della vergogna è forse la prima cosa che prova nei confronti degli americani, la prima questione che rinfaccia loro. Ma “vergogna” di cosa? Se si va oltre le prime impressioni naturali, come l’indignazione immediata che scaturisce dal cuore, per analizzare i problemi col cervello, ci si accorge che il dibattito verte su altre faccende. Perché, se si riflette con cognizione di causa, ci si rende conto che non si tratta di sentimenti ma di ragioni: certi meccanismi statunitensi (e del mondo contemporaneo) sono irrazionali, non vergognosi. Torna utile la geometria delle emozioni di Spinoza tramandataci dalla sua Etica: "Non deridere, né compiangere, né detestare le azioni umane, bensì comprenderle". A costo di prendermi dell’egoista antropocentrico, penso che maltrattare i cavalli per usarli come un mero strumento utile soltanto per fare profitto, non è ignobile, bensì irragionevole, poiché dimostra l’inettitudine dell’uomo attuale nel saper costruire un rapporto sensato con gli altri esseri non viventi, che non includa ulteriori sofferenze fisiche per le bestie, né conseguenti sit-in di protesta, sorti in seguito alla sofferenza psichica che subiscono gli animalisti. Continuare a produrre secondo i dogmi di un sistema economico che disperde ogni anno tonnellate di anidride carbonica nell’aria non è affatto infame, ma illogico, giacché tale modello di consumo condurrà inevitabilmente all’estinzione in massa della specie umana, nonché dell’intero pianeta terra. E, anche senza fare riferimento a scenari futuri alquanto apocalittici, esso sta compromettendo lo stesso benessere psicofisico degli uomini nell’immediato presente, come attesta, per esempio, l’aggravarsi delle condizioni patologiche dell’essere umano, causate proprio dall’inquinamento, da uno stile vita totalmente scollato dalla dimensione naturale, da una dieta incurante della salubrità o del sapore degli alimenti, dalla riduzione della sfera sociale o dal deterioramento della qualità dei rapporti tra le persone. Parimenti, sfruttare sconsideratamente le risorse naturali e la forza lavoro degli abitanti dei Paesi sottosviluppati, non è solo turpe, ma soprattutto assurdo, dal momento che ciò significa incrementare la dose di violenza nel mondo per rinfocolare un circolo vizioso di infelicità e dolore che si riversa ineluttabilmente su noi stessi, privando in tal modo il genere umano della possibilità reale, derivante dalla cultura umana, di costruire un mondo bello e felice. Lo stesso discorso vale per la guerra e per tutte quelle creazioni umane troppo umane che impediscono la realizzazione un reale ben-essere in questa vita. New York non è vergognosa, al massimo irrazionale. 

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